25.11.09
Basta che funzioni?
Basta che funzioni?
L'ultimo film di Woody Allen, dietro i toni apparentemente leggeri, le gag e le battute fulminanti, nasconde (ma neanche troppo...) un messaggio radicale e nichilista, riassunto dal suo stesso titolo.
In pratica, la morale del film è: lasciate perdere i sogni, le ambizioni, la speranza di incontrare l'amore della vostra vita, di vivere un film ecc. ecc. ed accontentatevi di ciò che vi capita purché, per l'appunto, ciò che vi capita funzioni.
Tutto giusto, per carità.
O, quanto meno, tutto dannatamente vero.
Ma, di fronte ad una morale tanto spietata quanto sincera, non si può fare a meno di domandarsi se davvero sia possibile ed "umano", nel senso più letterale del termine, vivere così.
Quasi come se la vita fosse un episodio pilota di una serie tv, una disposizione di legge o, chesso', una lavastoviglie.
Ed allora, sostituendo un punto esclamativo con un punto interrogativo si può rovesciare il senso del film domandandosi: ma davvero la vita può ridursi ad un semplice "basta che funzioni"?
1.11.09
The fool on the hill
L'idiota sulla collina ha i denti irregolari e il sorriso raro.
Tiene le mani in tasca, come zavorra di una mongolfiera. Mentre la mente è libera di vagare. Come un palloncino che si alza in volo dopo essere fuggito dalla presa incerta di un bambino.
L'idiota sulla collina ama aggrapparsi a coincidenze, segnali, formule e previsioni, ma ha la tendenza a perdere di vista le variabili. Avversarie in grado di sconvolgere anche il più perfetto dei piani.
L'idiota sulla collina guarda troppi film. Ed ha un debole per le commedie romantiche. Sì, quelle stupide e rigorosamente americane, piene di buoni sentimenti e dal lieto fine.
Ma la vita non è un film, ha imparato a sue spese. O, se lo è, di certo non ha la trama, né tantomeno il finale, di una stupida commedia romantica americana.
L'idiota sulla collina ultimamente non fa altro che camminare. Come correva Forrest Gump.
Per non pensare.
Per dimenticare.
L'idiota sulla collina sono proprio io. All'apice del mio masochismo.
14.10.09
La vita, l'amore, l'universo e tutto quanto
E pensare ad un anno fa, quando vagavo diviso a metà, tra la ricerca di un equilibrio in un lavoro che sentivo mio solo fino ad un certo punto e la speranza che una buona notizia, la più attesa di tutte, arrivasse, spazzando via proprio quell'equilibrio tanto cercato.
E sentire mio padre al telefono dirmi che non era proprio sicuro, ma che, forse, sì, ce l'avevo fatta a vincere quella gara senza senso.
O, almeno, la sua tappa più importante. La sua tappa più imprevedibile.
E gioire, dopo poche soddisfazioni e tante amarezze. Dopo qualche porta chiusa in faccia, e pugnalate che non ti saresti aspettato di ricevere.
Gioire con mia mamma, col mio papà, con mio fratello. Persone da amare in un mondo sempre più avaro d'amore.
Gioire con gli amici più cari, quelli di una vita. E con i nuovi, compagni di viaggio in un'avventura dai contorni ancora ignoti, ma che per ora ha i colori del sole. E i sapori del mare.
Gioire in tutti i modi, purché non da soli, ché la felicità è davvero poca cosa se non condivisa.
E osservare la vita tracciare percorsi strani, prendere deviazioni imprevedibili, imboccare vicoli stretti e talvolta ciechi, solo per girare su se stessa e far quadrare tutto.
Come un cerchio perfetto che ricongiunge una sconfitta che sembrava indelebile ad una vittoria che indelebile lo è, davvero.
E svegliarsi da un torpore sentimentale che durava da tanto tempo. Da troppo tempo.
E tornare a sentire qualcosa, dopo tanto tempo.
Dopo troppo tempo.
Come un bambino che in un colpo solo si ritrova davanti la vita, l'amore, l'universo e tutto quanto.
29.9.09
What if...
La domanda "cosa sarebbe successo se" è alla base di ogni racconto di fantascienza che si rispetti.
Un come Sliding Doors deve il suo successo proprio alla messa in scena di un classico what if.
Persino la Marvel ha, per molti anni, pubblicato una serie incentrata sulle vicende ipotetiche dei suoi più famosi personaggi: cosa sarebbe successo se l'Uomo Ragno si fosse unito ai Fanastici Quattro? E se Capitan America fosse diventato Presidente degli Stati Uniti? E così via.
Ma quello del what if non è soltanto un espediente letterario: al contrario, è un esercizio che, volenti o nolenti, pratichiamo tutti.
Quotidianamente.
O, in ogni caso, più spesso di quanto possiamo immaginare.
Cosa sarebbe successo se quelle storie che inventavi da bambino quando giocavi con i Playmobil fossero diventate dei film? Cosa sarebbe successo se tuo nonno fosse rimasto ancora un altro po' di tempo a farti compagnia quaggiù anziché andarsene presto, troppo presto? E cosa succederebbe se quella ragazza dagli occhi scuri, occhi nei quali è tanto facile perdersi quanto ritrovarsi, ti dicesse sì?
Insomma, porsi domande di questo tipo è un gesto naturale.
Proprio come dormire.
Proprio come sognare.
Ma è anche un gesto che può rivelarsi estremamente doloroso.
Proprio come risvegliarsi nel bel mezzo di un sogno dal quale non vorremmo uscire mai.
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