21.7.14

Tu chiamali, se vuoi, autoscatti



Io non lo so quand’è successo, di preciso.
So solo che, ad un certo punto, da qualche parte, abbiamo cominciato a fare tutto da soli.
Abbiamo iniziato a pensare di non avere più bisogno l’uno dell’altro.
Senza saperlo, probabilmente senza neanche rendercene conto, abbiamo iniziato a scrivere la parola fine
Perché abbiamo perso di vista il quadro generale, il “noi” è diventato sempre più piccolo, ristretto, fino a ridursi ad un misero “io”.
Certo, le scuse sono tante: i ritmi frenetici imposti dalla vita, i problemi quotidiani che non mollano mai la presa, il rifiuto, a volte inconsapevole, della semplicità.
Ma sono scuse, per l'appunto.
La verità è che siamo diventati talmente individualisti da illuderci di poter fare tutto – o quasi tutto - da soli.
Al punto da arrivare a smettere di chiedere aiuto anche per i gesti più semplici, elementari, come farci scattare una foto.
Prima li chiamavamo autoscatti. Adesso li chiamiamo “selfie”. 
Come accade sempre più spesso noi, che abbiamo i migliori sarti al mondo, usiamo una stoffa inglese per vestire un gesto banale.
Come accade sempre più spesso utilizziamo un termine inglese perché fa figo, ci fa sentire giovani e forti.
Come accade sempre più spesso utilizziamo un termine inglese perché, quando qualcuno ce ne chiede il significato, possiamo dare la nostra, di traduzione.
- Gep, tu che sei un uomo di mondo, ma ch' so' 'sti selfi?
- Niente Peppi', sono banalissimi autoscatti. Solo che mentre te li fai devi fare pure una faccia di cazzo.
Ma le cose non stanno proprio così.
Perché dietro quel gesto semplice, apparentemente spensierato, sicuramente narcisistico, si nasconde una convinzione malsana che, giorno dopo giorno, autoscatto dopo autoscatto, ci sta prendendo tutti. 
Ci sta fregando tutti.
Quella di poter fare tutto da soli.
Di non dover chiedere più aiuto. A nessuno e per niente.
E così, tutti presi dai nostri autoscatti, intenti a fissare con espressione ebete i display dei nostri cellulari, ci siamo ritrovati sull’orlo del baratro.
Forse perché eravamo troppo presi a pensare alle smorfie da fare.
E così, tutti presi dai nostri autoscatti, intenti a fissare con espressione ebete i display dei nostri cellulari, ci siamo ritrovati sull’orlo del baratro. Ma sempre sorridenti.
Forse perché non c’era nessuno, dall’altro lato, a tenere la macchina fotografica e a dirci di stare attenti, di non indietreggiare, che ci saremmo fatti male.
O, se c’era, non ci siamo fermati a sentirlo. Ché, tanto, c’è pure un tasto, sul display, lo sfiori e puoi anche guardarti, mentre sei alle prese col tuo selfie del giorno.
E così, tutti presi dai nostri autoscatti, intenti a fissare con espressione ebete i display dei nostri cellulari, ci siamo ritrovati sull’orlo del baratro. 
Felici e sorridenti.
Perché non abbiamo più bisogno di chiedere una mano, noi. 
Per niente. E a nessuno.
Neanche per farci scattare una foto.
Neanche adesso, che abbiamo un display sfavillante di colori davanti a noi e il buio più nero alle nostre spalle.
Anzi, a pensarci bene, non dobbiamo nemmeno chiamare qualcuno per farci dare una spinta.
Siamo benissimo in grado di farlo da soli.

P.S. È di pochi giorni fa la notizia che una ragazza è morta dopo essere caduta mentre si stava facendo un selfie. Il nucleo centrale di questo pezzo è stato scritto a fine marzo. È proprio vero che a volte la realtà riesce ad essere peggiore della fantasia. 

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