28.10.07

Ehi, animali!

Purtroppo, il mitico Guido Nicheli, anche noto come "IL CUMMENDA" di tante commedie all'italiana, se n'è andato.

Ciao Zampetti, ci mancherai!

26.10.07

Nostalgia Canaglia 2


E' un periodo strano.

Ascolto quasi solo musica degli anni '80...

Guardo con piacere solo film di 20-25 anni fa...

Il mio canale satellitare preferito è diventato "mtv gold" che manda a ripetizione video vecchi e stravecchi...

Rileggo soltanto cose che ho letto a dieci-quindici anni...



...non sarà mica che sto diventando un tantino nostalgico?

Boh!

Mi sa che devo rifletterci un pò su 'sta cosa...

Nel frattempo vado a vedermi gli episodi di Arnold, Baby-Sitter e Casa Keaton che ho scaricato...

24.10.07

Le Vetrine hanno sempre ragione.


E ora chi glielo dice?

Il piccolo Roberto ha meno anni delle parole che è in grado di pronunciare.
E le parole sono solo tre: mamma (e fin qui nulla di strano, direte voi).
Pappà (sì, proprio così, con le due “p” al centro, che quando la pronuncia non sai mai se è perché ha fame o perché vuole l’ennesimo regalo da scartocciare).
Ma è la terza parola che lascia interdetti chi gliela sente pronunciare.
‘etrine – dice. E nei suoi occhi fanno capolino frenetici preparativi di una festa.
Va proprio matto per le vetrine: grigie, colorate, in bianco e nero, a pois.
Qualunque sia il colore ed il contenuto dietro quei vetri trasparenti basta che le veda perché lui prenda a sorridere.
E il mondo insieme a lui.

Va proprio matto per le vetrine.
Solo che quel pomeriggio il papà deve essersi perso (sì, sarà sicuramente così…), perché le vetrine che gli sta facendo vedere sono un po’ strane.
Oddio, ad essere precisi non è che siano proprio le vetrine ad essere strane, quanto piuttosto quello che c’è dietro.
Di solito gli oggetti dietro i vetri sono fermi, immobili, inanimati.
Invece stavolta non è così. Quello che c’è dietro si muove, cammina, sorride, va avanti e indietro.
Ma al piccolo Roberto la cosa non dispiace. Anzi, sembra che si diverta ancora più del solito.
Al punto che ogni tre-quattro passi punta i piedi a terra ed in alto le dita della mano per indicare una vetrina.

Nella prima c’è Vicky.
La sua vetrina profuma il giusto. Perché dopo tanti anni ha imparato che gli uomini vogliono sentire un buon odore prima e durante, ma non vogliono che questo gli resti appiccicato addosso, dopo, quando hanno finito.
Vicky ha un culo che canta e fa cantare. Poco importa che siano canzoni fatte di una nota sola.
Quello che fa le piace ed anche tanto. - Quante persone al mondo possono dire di essere pagate per dare piacere? - Ogni tanto, quando le viene qualche dubbio, si ripete questa domanda.
Le basta scorrere mentalmente la lista per dissiparli. - Troppo poche - è la risposta.

L’indice destro si muove leggermente ed ecco che appare Tricia.
La sua vetrina puzza di lattice e urina.
Tricia accontenta clienti dai gusti un po’ particolari.
È una dominatrice, pagata dagli uomini per farli soffrire. Nulla di strano – pensa lei. - In fondo non è ciò che accade alla maggior parte degli uomini con le loro mogli, amanti, figlie? – Soffrono. E pagano. Un prezzo che spesso è ben più alto della sua tariffa.
E poi l’importante in questo mestiere è non correre rischi. E su questo è più che tranquilla: non può farsi male, lei.

Il piccolo Roberto è così felice che scatta a molla anche l’altro indice.
Punta su Daisy. E Daisy sorride.
La sua vetrina profuma troppo.
È arrivata da poco e deve ancora imparare tutti i trucchi del mestiere.
Ma forse neanche le interessa davvero farlo. Proprio non le va giù, l’idea di stare lì, a passeggiare tutto il giorno dietro ad un vetro.
Ma tanto durerà poco – dice a se stessa. – Giusto il tempo di metter via un po’ di soldi.
Come hanno pensato tutte le sue colleghe, appena arrivate lì.

Vicky. Tricia. Daisy. Il piccolo Roberto le indica tutte. E nei suoi occhi la festa è già bella che iniziata.
Vicky. Tricia. Daisy. Il piccolo Roberto agita le braccia. Le vorrebbe tutte per sé.
Come tanti pupazzetti ognuna impacchettata nella propria vetrina con i propri accessori.
Se le immagine a giocare tutte intorno a lui, il piccolo Roberto.
Barbie in carne, ossa e capezzoli.
Il problema è che proprio non è possibile impacchettarle e regalargliele.

E ora chi glielo dice?
Chi glielo dice che non potrà mai averle tutte per sé?
Chi glielo spiega che le vetrine hanno sempre ragione?



Foto di Diego Cajelli dal suo blog http://diegozilla.blogspot.com/

22.10.07

Da consumarsi preferibilmente entro.


“La verità non è cosa da donne, si sa”.

C’è una cosa che mi fa paura delle donne.
E non mi riferisco a quando, guardandoti con due occhioni che neanche il gatto con gli stivali di Shreck, ti domandano - Oggi mi accompagni a fare shopping? – e capisci che il tuo pomeriggio sarà sacrificato sull’altare del dio del tempo perduto (e pure in malo modo).
E nemmeno a quando, dopo che hai fatto ricorso ai segreti di Sting sull’arte tantrica ed a tutti i trucchi illustrati da Franco Califano nella sua strepitosa autobiografia Kalisutra, riuscendo a resistere 12 minuti e 17 secondi, lei ti guarda e fa – Allora, continuiamo? – e capisci che questi due signori hanno scritto un mucchio di fregnacce e che tu sei in un mare di merda.
No, mi riferisco a quando ti guardano negli occhi (ma il più delle volte, a dire il vero, fanno tutto fuorché guardarti negli occhi) e ti dicono frasi standard tipo – Sai… c’è qualcosa che non funziona più nel nostro rapporto. – Oppure tipo - Sai… è parecchio che le cose non vanno più come una volta. – O ancora l’evergreen – Sai… penso sia il caso di prenderci una pausa di riflessione.
Perché quando pronunciano frasi del genere vuol dire solo una cosa: che E’ FINITA.
Che ti è appena stato intimato di sfrattare dal loro cuore e, probabilmente, dalla loro vita.
Che tutto quello che provavano per te fino ad una settimana, qualche giorno, a volte addirittura poche ore prima non c’è più.
E non ritornerà.
Lo confesso, e lo dico senza nessun intento polemico o acredine o altro, a me questa cosa che l’amore di una donna per un uomo possa finire così, da un momento all’altro, senza un motivo apparente, fa veramente paura.
Mi trasmette un senso di precarietà.
Di malessere.
Di sfiducia.
Di disillusione.

E allora penso che sia più corretto ed onesto che una donna, nel momento in cui ti dichiara il suo affetto, ci aggiunga una piccola postilla.
“Da consumarsi preferibilmente entro “.

Sì, proprio come quella che si può leggere stampata su tutti gli alimenti deperibili.

P.S. 1 So che qualcuno adesso dirà – Ma perché parli limiti il tuo discorso donne? Guarda che anche gli uomini lasciano da un momento all’altro!
Sarà anche vero, ma nove volte su dieci ho visto accadere quello che ho descritto nel post.
Non vorrete mica che tiri fuori la storiella dell’eccezione che conferma la regola?

P. S. 2 Per i puristi del blog particolarmente attenti a quello che scrivo, questo post era stato annunciato prima dell’estate con il titolo “Quello che le donne non dicono (ma fanno)”.

21.10.07

Bene.


Direi che ho tenuto la bocca chiusa anche per troppo tempo...
E' ora di ricominciare.

Da domani, però, perché adesso ho freddo, sono stanco e voglio solo andare a dormire.