24.10.07

Le Vetrine hanno sempre ragione.


E ora chi glielo dice?

Il piccolo Roberto ha meno anni delle parole che è in grado di pronunciare.
E le parole sono solo tre: mamma (e fin qui nulla di strano, direte voi).
Pappà (sì, proprio così, con le due “p” al centro, che quando la pronuncia non sai mai se è perché ha fame o perché vuole l’ennesimo regalo da scartocciare).
Ma è la terza parola che lascia interdetti chi gliela sente pronunciare.
‘etrine – dice. E nei suoi occhi fanno capolino frenetici preparativi di una festa.
Va proprio matto per le vetrine: grigie, colorate, in bianco e nero, a pois.
Qualunque sia il colore ed il contenuto dietro quei vetri trasparenti basta che le veda perché lui prenda a sorridere.
E il mondo insieme a lui.

Va proprio matto per le vetrine.
Solo che quel pomeriggio il papà deve essersi perso (sì, sarà sicuramente così…), perché le vetrine che gli sta facendo vedere sono un po’ strane.
Oddio, ad essere precisi non è che siano proprio le vetrine ad essere strane, quanto piuttosto quello che c’è dietro.
Di solito gli oggetti dietro i vetri sono fermi, immobili, inanimati.
Invece stavolta non è così. Quello che c’è dietro si muove, cammina, sorride, va avanti e indietro.
Ma al piccolo Roberto la cosa non dispiace. Anzi, sembra che si diverta ancora più del solito.
Al punto che ogni tre-quattro passi punta i piedi a terra ed in alto le dita della mano per indicare una vetrina.

Nella prima c’è Vicky.
La sua vetrina profuma il giusto. Perché dopo tanti anni ha imparato che gli uomini vogliono sentire un buon odore prima e durante, ma non vogliono che questo gli resti appiccicato addosso, dopo, quando hanno finito.
Vicky ha un culo che canta e fa cantare. Poco importa che siano canzoni fatte di una nota sola.
Quello che fa le piace ed anche tanto. - Quante persone al mondo possono dire di essere pagate per dare piacere? - Ogni tanto, quando le viene qualche dubbio, si ripete questa domanda.
Le basta scorrere mentalmente la lista per dissiparli. - Troppo poche - è la risposta.

L’indice destro si muove leggermente ed ecco che appare Tricia.
La sua vetrina puzza di lattice e urina.
Tricia accontenta clienti dai gusti un po’ particolari.
È una dominatrice, pagata dagli uomini per farli soffrire. Nulla di strano – pensa lei. - In fondo non è ciò che accade alla maggior parte degli uomini con le loro mogli, amanti, figlie? – Soffrono. E pagano. Un prezzo che spesso è ben più alto della sua tariffa.
E poi l’importante in questo mestiere è non correre rischi. E su questo è più che tranquilla: non può farsi male, lei.

Il piccolo Roberto è così felice che scatta a molla anche l’altro indice.
Punta su Daisy. E Daisy sorride.
La sua vetrina profuma troppo.
È arrivata da poco e deve ancora imparare tutti i trucchi del mestiere.
Ma forse neanche le interessa davvero farlo. Proprio non le va giù, l’idea di stare lì, a passeggiare tutto il giorno dietro ad un vetro.
Ma tanto durerà poco – dice a se stessa. – Giusto il tempo di metter via un po’ di soldi.
Come hanno pensato tutte le sue colleghe, appena arrivate lì.

Vicky. Tricia. Daisy. Il piccolo Roberto le indica tutte. E nei suoi occhi la festa è già bella che iniziata.
Vicky. Tricia. Daisy. Il piccolo Roberto agita le braccia. Le vorrebbe tutte per sé.
Come tanti pupazzetti ognuna impacchettata nella propria vetrina con i propri accessori.
Se le immagine a giocare tutte intorno a lui, il piccolo Roberto.
Barbie in carne, ossa e capezzoli.
Il problema è che proprio non è possibile impacchettarle e regalargliele.

E ora chi glielo dice?
Chi glielo dice che non potrà mai averle tutte per sé?
Chi glielo spiega che le vetrine hanno sempre ragione?



Foto di Diego Cajelli dal suo blog http://diegozilla.blogspot.com/

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