23.11.14

Come tanti Mister Hyde

No signori, proprio non ci siamo, così non va.
Troppo facile.
Tutto troppo, dannatamente, facile. 
Troppo facile rinnegare tutto.
Per primo se stessi. 
Rimangiarsi quello che si è detto l'altro ieri, a volte addirittura ieri.
Troppo facile svegliarsi all'improvviso, come nel pieno della notte, e gridare che ci eravamo sbagliati di brutto. Che altro che sogno. 
Era tutto un fottuto incubo.
Troppo facile scoprire che la persona che fino alla notte scorsa ci dormiva addosso era, come in quel film con Julia Roberts di un bel po' di anni fa, niente di meno che un nemico. Anzi, di più, il nostro peggior nemico.
Troppo facile puntare l'indice, come un Pubblico Ministero nel pieno di una requisitoria, e additare l'altro di tutte le nefandezze possibili e immaginabili.
Soprattutto quando con quella persona, fino a qualche giorno prima, magari soltanto fino a poche ore prima, dividevamo ore, minuti, secondi. 
Dolori e momenti di piacere. Pensieri e sogni. 
Troppo facile convincersi che così, all'improvviso, quella persona che credevamo dolce, speciale, unica, si sia dileguata, lasciando spazio ad una creatura cattiva, mostruosa, orribile, ripugnante.
Disgustosa come i bozzoli in cui si trasforma Gizmo quando qualcuno gli da del cibo dopo la mezzanotte.
Troppo semplice accettare l'idea che, quando l'amore finisce, non possa esserci spazio per nient'altro che rancore, odio, spirito di vendetta, desiderio di rivalsa. 
Che tutto quello che è stato e siamo stati debba sparire.
Come se qualcuno, di nascosto, magari mentre dormivamo, ci abbia iniettato una pozione per endovena. Trasformando quelli che fino ad un attimo prima erano degli innocui dottor Jekyll in altrettanti Mister Hyde.

13.11.14

Niente da fare, l'ha letto.


Dannato Zuckerberg, io lo sapevo!
Lo sapevo che, dopo averci illuso che Facebook fosse una sorta di almanacco dei giorni perduti in grado di farci ritrovare le persone che credevamo smarrite per sempre, salvo poi trasformarlo, giorno dopo giorno, inserzione dopo inserzione, nel più grande centro commerciale tascabile del mondo, l'avresti combinata grossa anche con WhatsApp.
Lo sapevo!
Ma non credevo saresti arrivato a tanto.
Al punto da lasciarci tutti soli con le nostre certezze.
Sì, perché con la doppia spunta blu che prova l'avvenuta lettura del messaggio inviato non hai solo realizzato l'ennesima violazione della nostra privacy, - concetto decisamente sopravvalutato nell'epoca dei social network, che ha rivelato la nostra vera natura di voyeuristi ed esibizionisti al tempo stesso. 
No, con la doppia spunta blu hai fatto di peggio: ci hai tolto il dubbio. 
E togliendoci il dubbio c'hai privato dei sogni.
Della possibilità di sperare. 
Di crogiolarci nell'incertezza:  
- allora?
- Lo avrà letto? 
- Perché non mi risponde?
- Sarà impegnata.
- Ah, già mi pare che a quest'ora è in palestra.
- Anzi, no. Avrà il cellulare lontano. Silenzioso. Senza vibrazione. Spento. Con la batteria staccata come gli infiltrati nei film polizieschi.
E tutte quelle paranoie che chiunque abbia perso almeno una volta nella vita la testa per qualcuno può capire.
C'hai tolto la possibilità di appigliarci a tutti i segnali più equivoci possibili, trasformarli in solidi punti di appoggio dai quali prendere la rincorsa e, armati di tutta l'incoscienza di cui siamo capaci,  spiccare il balzo verso la più prevedibile delle delusioni.
Già non erano tempi facili.
Da qualche giorno a questa parte lo sono ancora di meno per i sognatori.