5.11.07

Cose che NON.


È passato quasi un mese dal concorso.
Ancora non so cosa farò da adesso in poi, anche se è molto probabile che di qui a breve tante cose cambino…
Di una cosa, però, sono sicuro.
Ci sono un bel po’ di cose che non voglio più vedere.
Né sentire.
Così, per evitare che finiscano smarrite lungo le imperscrutabili vie della memoria, ho deciso di metterle nero su bianco.
Eccole:
La folla ammassata fuori all’Ergife in attesa dell’apertura dei cancelli, manco fossero tornati dall’aldilà John e George per unirsi a Paul e Ringo e suonare la migliore musica del mondo.

Quella stessa folla, una volta entrata, dislocata lungo mille-duemila banchetti divisi in file parallele che non convergono quasi mai. E quando lo fanno è per sparare cazzate.

La folla, sempre lei, una volta uscita: anime in pena e penose, facce che non sono facce, ma puntini sospensivi, punti esclamativi e, più spesso ancora, punti interrogativi.

La polizia penitenziaria che guarda a vista, controlla, perquisisce laureati in legge, specializzandi e dottorandi, specializzati ed avvocati neanche fossero una gruppo di ultras laziali in trasferta a Livorno.

L’attesa prima della dettatura delle tracce tra nervi tesi, muscoli imbronciati e sorrisi che non riescono a persuadere sulla bontà del momento né chi li riceve, né tanto meno chi li fa.

Il presidente della commissione che, neanche stesse annunciando l’imminente fine del mondo, annuncia al microfono “Manca un’ora alla consegna”.

La pantomima della busta piccola e della busta grande. Che poi qualcuno dovrà spiegarmi prima o poi cosa ci vuole ad aprire prima la piccola, vedere chi sei e poi, soltanto poi, leggere e correggere i tuoi compiti…

Le telefonate tra l’euforico ed il depresso ai preparatori dei vari corsi, dopo aver consegnato. Inutili. Perché gli unici che bisognerebbe telefonare, in quel momento, sono Padre Pio e la Madonna. O, al massimo, il ministro Mastella.

I trolley gonfi di codici, che dopo un po’ che hai camminato per raggiungere macchina/metro e altre vie di fuga non sai più se sei tu che trascini loro o loro che trascinano te.

I concorsi, i discorsi veri quanto vani sull’aleatorietà degli stessi, e tutto il resto.

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