31.12.06
Natale di testa, Natale di cuore. (Parte II)
Era la sera della vigilia di Natale, la più faticosa. Come sempre, da quando aveva incominciato a svolgere questo lavoro, prima come mero aiutante poi come riserva, infine come Santa Claus e come tale presidente della Natale S.P.A. Era nel suo ufficio a controllare che tutte le consegne fossero state effettuate. Gli gnomi inserivano nei PC i dati sulle consegne in tempo reale e lui, Santa Claus, seduto su di una comoda poltrona dietro un’immensa scrivania sovraccarica di scartoffie, controllava sul monitor che tutto procedesse per il meglio. Dallo stereo risuonavano le note di "Personal Jesus" nella versione di Johnny Cash. Amava Johnny Cash. E quella canzone in particolare. Suonò l’interfono. Si illuminò la casella dello gnomo Giuseppe, meglio noto col nomignolo di Don Peppe. - Claus. - Risuonò la voce roca di Don Peppe.
- Santa. Santa Claus. Quante volte devo dirti di chiamarmi con il mio nome e cognome? - Replicò il vecchio con tono stizzito.
- Ok. Santa… Abbiamo un problema. La consegna numero 42. - Santa Claus fece scorrere col mouse l’elenco delle consegne fino ad arrivare alla numero 42.
- … La vedo. Non è andata a buon fine. Strano, ho controllato pochi istanti fa ed il computer la segnalava verde. Ora è diventata rossa. Chi se ne occupava?
- Don Mario. Ho provato a contattarlo, ma il cellulare è irraggiungibile.
- … mmm. Chiama Don Gigi. Digli di andare lì.
- Ci ho già provato. E’ già andato via.
- … Allora vacci tu. Anzi… facciamo così, ci vado io. In fondo non è poi così lontano da casa mia.
- Se vuoi posso consegnare io il dono.
- No. No. Tu resta qui a controllare le ultime consegne e se c’è qualcosa consegna non riuscita provvedi a rimediare.
- Ok. Allora ti faccio salire il dono.
- A proposito, di cosa si tratta?
- E’ un barattolo in vetro.
- Un barattolo? Devo andare fin lì per un barattolino?
- Beh, veramente non è tanto piccolo. Abbiamo dovuto fabbricarlo apposta. Misura 33,5 x 33,5. Ha una sola apertura laterale, a scorrimento.
- 33,5 x 33,5?! Chissà che deve farci?
- Sarà per uno di quegli animali che vanno di moda adesso: iguana, serpente, tarantola...
- Mah! Sempre più strani, ‘sti giovani d’oggi… - Rispose Santa Claus, mentre si stropicciava gli occhi con l’indice ed il pollice destro.
L’appartamento era costeggiato da un balcone lungo, ma non molto profondo. Santa Claus fece accostare le renne e scese dalla slitta. Prese il pacco con la scatola in vetro, ed incominciò ad andare avanti ed indietro lungo il balcone cercando di individuare il punto migliore dal quale entrare. Dalle tre finestre non spuntava alcuna luce, dalle stanze non provenivano rumori. Doveva essere vuota in quel momento. Erano le 21.15. - Troppo presto per andare a dormire. - Claus si tranquillizzò. Preferiva che al momento della consegna non ci fosse nessuno. Meno gente c’era in giro per le case, minori erano le possibilità di beccarsi qualche botta in testa o qualche colpo di fucile nel peggiore dei casi.
Una delle persiane non era abbassata fino a terra. Un buon punto dal quale entrare, pensò Santa Claus. Dopo aver alzato di qualche centimetro l’imposta, riuscì ad entrare. Con la torcia illuminò la stanza. Un frigo. Un tavolo. Niente albero. D’altronde era difficile trovare un albero di natale in una cucina. Uscì dalla stanza e, sempre facendo luce con la torcia, si fece strada lungo il corridoio. Sulla destra un’altra stanza. La illuminò. In un angolo uno scrittoio. In un altro un letto singolo. Entrò, incuriosito. Doveva essere la stanza del ragazzino che aveva ordinato la scatola. Anche se appariva piuttosto anonima, per essere la stanza di un ragazzo: niente poster, uno scrittoio in un angolo, un letto scarno ed essenziale nell’altro, un armadio nell’altro ancora. La curiosità lo prese: si avvicinò allo scrittoio illuminandone la superficie con la torcia. Un blocco per appunti, macchiato da inchiostro rosso, un filo interdentale srotolato, alcuni ritagli di giornale. L’attenzione di Santa Claus cadde proprio su questi ultimi. Recavano titoli diversi, ma tutti avevano lo stesso oggetto: gli efferati omicidi del serial killer noto come il cacciatore di teste, che da un anno a questa parte terrorizzava la grande città. Claus, scosso da un brivid, si allontanò dallo scrittoio. Uscì dalla stanza per dirigersi verso un piccolo salone. Finalmente aveva trovato l’albero. Era di plastica. Guarnito con tre festoni contati e qualche sporadica pallina che sembrava capitata sui rami per puro caso. - Scarno, essenziale ed anche un po’ sinistro. - Pensò Santa Claus. Proprio come gli era apparsa la casa sin dal primo istante in cui vi aveva messo piede. Perciò lasciò il pacco sotto l’albero e si diresse verso la cucina. Aveva sete così decise di prendere qualcosa da bere dal frigo prima di lasciare l’appartamento. Era contrario ad approfittare dell’ospitalità delle famiglie cui faceva visita, però dai sondaggi che aveva fatto svolgere da una nota società di marketing era risultato che le famiglie gradivano molto che lasciasse nelle abitazioni dei segni concreti del suo passaggio. Lo rendeva molto più credibile agli occhi della gente. Molto più “vero” di qualunque spot o cronaca giornalistica.
Pertanto, anche in quella circostanza, pur desideroso di andarsene al più presto, si avvicinò al frigorifero in cucina e tirò verso di se lo sportello.
Il macabro spettacolo che si offrì ai suoi occhi avrebbe mozzato il fiato a chiunque, figurarsi ad uno come lui, che delle immagini sfavillanti grondanti affetto, dolcezza, gioia e serenità aveva fatto il suo marchio di fabbrica.
Nove barattoli di varia grandezza contenenti altrettante teste.
Tutte con gli occhi sbarrati a fissarlo.
Prima che potesse allontanarsi sentì qualcosa sfiorargli il collo, qualcosa di sottile, come un filo interdentale…
Provò a liberarsene.
Ma era troppo tardi. Con la stessa facilità con cui una decorazione magnetica si separa dalla superficie metallica alla quale è attaccata, la testa di Santa Claus lasciò il resto del corpo.
Gli occhi aperti.
Spalancati a fissare la sagoma di una De-Lorean che si allontana volando sotto un cielo macchiato di stelle.
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