8.1.07

L'ultima volta.


Professor Juarez. Era così che si faceva chiamare sui biglietti da visita fatti distribuire per le strade di Madrid. “Professor” Juarez. Malgrado non avesse messo piede in alcun istituto scolastico da quando aveva compiuto otto anni. Professor Juarez - Gran Vidente Africano - questo il sottotitolo del biglietto da visita che indicava quale fosse la specialità nella quale vantava il prestigioso titolo. Affermava di essere in grado di predire il futuro con una precisione estrema: avrebbe persino potuto fare delle previsioni giorno per giorno, proprio come quelle dei metereologi. - Lunedì ti succederà questo martedì quest’altro giovedì quest’altro ancora e… ah! Come? Il mercoledì? No, non l’ho dimenticato. Credimi, amico, è meglio che tu lo scopra da solo... - a volte si divertiva a stuzzicare così la curiosità dei numerosi clienti in modo da scucire loro altri soldi. Infatti, la verità era che, malgrado vantasse studi di cartomanzia presso i migliori maghi del pianeta, non c’era nulla di vero in quello che diceva. Le sue previsioni erano tutte cazzate. Le inventava di sana pianta. Squadrava il malcapitato di turno dalla testa ai piedi, pensando nel frattempo al modo migliore per rovinargli la giornata. E poi sparava il pronostico. Nessuna visione. Nessun criterio divino ad ispirarlo. Anzi, a dirla tutta, un criterio c’era: la simpatia che suscitava in lui chi gli chiedeva previsioni. Se si trattava di una donna affascinante, magari con un bel paio di gambe in mostra, che accavallava proprio nel momento di massima concentrazione del Professore, ossia quando avvicinava l’indice ed il pollice della mano destra all’altezza della fronte, un po’ più in su del naso fingendo di essere in preda a chissà quali mistiche visioni, allora avrebbe predetto il più roseo dei futuri possibili: tutto sarebbe andato alla grande, dall’amore alla salute al lavoro al sesso passando anche per le sfide di sudoku e gli sviluppi delle soaps seguite in tv. Se invece gli si siedeva davanti, come accadeva in quel momento, un uomo occhialuto, smilzo, emaciato, vestito con abiti così larghi che il suo esile corpo avrebbe potuto nuotarci dentro, dalla fronte bombata e larga, come se per la forma del cranio chi lo aveva generato si fosse ispirato ad una piramide capovolta, allora il Professor Juarez diventava estremamente severo nei suoi pronostici. Di più, diventava feroce: prediceva al povero malcapitato sciagure di ogni tipo ed in ogni settore, dalla tavoletta del cesso perennemente rotta alla morte prematura di familiari inclusi cani gatti canarini e pesci rossi passando per altre amenità standard come tradimenti della moglie con il migliore amico e licenziamenti improvvisi. Se poi, come in questo caso, il poveraccio gli rivelava di non avere moglie, né tanto meno figli ed anzi di essere alla disperata ricerca della prima per poter un domani concepire anche i secondi, allora il Professore si esibiva in uno dei suoi pezzi migliori: la finta.
Proprio così: la finta.
Scrutava l’uomo in viso, avvicinava le due solite dita alla fronte, chiudeva gli occhi ed iniziava a scuotere la testa in senso affermativo come a dire - Bene ok positivo ottimo - anzi, talvolta schiudeva le labbra appena un po’, quanto bastava per biascicare questi apprezzamenti. L’uomo che gli era seduto di fronte, allora, dopo aver accumulato una naturale tensione, cominciava a rilassarsi, asciugava il sudore dalla fronte sfruttando la lunga manica della giacca ed iniziava ad accennare ad un sorriso di soddisfazione. Purtroppo per lui, era un sorriso destinato a spezzarsi sul nascere, fermando le labbra come in preda ad una paresi: il Professor Juarez, come colto da improvvisa illuminazione, con un gesto perfettamente coordinato, che si divertiva a provare e riprovare più volte davanti allo specchio di casa, spalancava gli occhi, allargava le braccia, ciondolava con la sedia all’indietro e, contemporaneamente, incominciava a ruotare la testa da sinistra a destra disegnando una mezzaluna carica di presagi funesti. Certe volte aspettava che fosse il suo interlocutore, di nuovo irrigiditosi sulla sedia di fronte, a chiedergli cosa avesse visto. Altre volte, come in questo caso, preferiva sferrare subito il colpo - Mi spiace. Non vedo nulla di buono nel tuo futuro… Resterai solo. - In alcuni casi, però, lo sguardo perso e gonfio di tristezza del suo interlocutore lo spingeva ad un gesto di umana pietà. Come in questo caso. - Ne è sicuro? Non potrebbe guardare un po’ meglio quelle sue carte? La prego, io… credo molto in queste cose… nei suoi poteri divinatori. Un’amica mi ha consigliato di andare a consulto da lei. Le ha predetto eventi magnifici. - Gli chiese l’uomo-piramide con tono implorante.
- Come si chiamava? - Lo interruppe il mago.
- Chi?
- Come chi? La sua amica.
- Elisa. Guardi… forse se la ricorda - ed allungò una foto della donna al Professore. Che non impiegò molto tempo a ricordarsi della donna. - Una bomba. - Pensò il “vidente” - era così contenta delle sue previsioni, che gli aveva perfino chiesto di uscire. Lui, ovviamente non se l’era fatto ripetere una seconda volta e così erano finiti a letto insieme.
- Mi dispiace. - Disse il Professore, con un tono finto commosso anche quello preparatoad arte con metodi degni dell’actor’s studio. - Però… - forse spinto anche dalla benevolenza per la comune amica, fu colto da un gesto di pietà improvviso e raro, come abbiamo anticipato. - Però - disse - ho una notizia che mi auguro attenuerà il suo dolore. - L’uomo occhialuto, le mani sudaticce ripetutamente strofinate sulle gambe, come se quel gesto potesse liberare chissà quali energie positive, o più semplicemente per asciugarsi del sudore, il collo proteso in avanti, come se la piramide avesse improvvisamente iniziato ad oscillare (d’altronde come poteve restare immobile una piramide che ha la sua base nella punta?) muto ed ansimante ad attendere la risposta.
- Questo strazio non andrà avanti ancora per molto: le restano pochi mesi di vita. Ha un male incurabile. Mi spiace, ma, mi creda, nel suo caso non è poi così un male. - Disse sorridendo dentro di sé per aver dato al povero disgraziato il colpo di grazia. - L’uomo chinò il capo (evidentemente la piramide non era più in grado di reggersi), si alzò dalla sedia, si strinse nelle spalle e guardò il Professore. Ma forse “guardò” non è il verbo più adatto a descrivere quel che accadeva, gli occhi del povero malcapitato si erano ristretti fino a diventare così piccoli e vuoti, che dietro gli occhiali avresti giurato fossero rimaste solo le orbite. Fece per proferire qualche parola, ma senza riuscirvi. Voltò le spalle ed uscì dalla stanza.
Il mago attivò l’interfono per comunicare con Paula, la sua segretaria. - Chi c’è adesso?
- Un altro uomo. - Rispose Paula, dalla stanza accanto.
- Accidenti. Un poveraccio come quest’ultimo?
- No, non mi sembra. Ha un bell’aspetto.
- Ci penserò io a rovinarglielo.
- Potrebbe averlo già fatto in passato.
- Come?
- Dice di conoscerla.
- Qual’è il suo nome?
- Peter. Peter Visconti. Il nome non mi dice niente. E poi me lo ricorderei. Di clienti inglesi ne abbiamo pochissimi…
- Signore…
- Paula?
- Non credo sia inglese. Dall’aspetto direi… italiano o qualcosa del genere. E’ molto gentile, mi ha anche portato un cappuccino caldo. Mi ha raccontato di averla incontrata tanti anni fa. In Italia. Ha detto di essere qui per ringraziarla.
- Ringraziarmi? E di cosa?
- Di una sua previsione avverata. - Non aveva mai azzeccato una previsione, il Professor Juarez. Certo, poteva anche accadere, per un mero fatto statistico, che qualcuna delle sue strampalate predizioni si avverassero. Ma che qualcuno dall’Italia lo cercasse sino a Madrid per ringraziarlo, gli suonava proprio strano. Fottutamente strano.
- Sarà un mitomane. O mi avrà confuso con qualcun altro. - Non aveva mai azzeccato una previsione, il Professor Juarez.
- Vuole che lo faccia andare via? Guardi che è ben vestito, potrebb’essere un buon cliente… - Neanche per sbaglio.
- Ok. Fallo entrare. - Nemmeno una.
- Ok. Lo faccio accomodare. - Ed ora avrebbe scoperto quali conseguenze può provocare predire a caso degli eventi che poi si realizzano realmente.
- Entri pure, signor Visconti. - Risuonò nell’interfono la voce di Paula.
(1-continua)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

uè caro, questo racconto mi incuriosisce per 2 motivi: 1) attendo di sapere chi è questo pietro visconti; 2 ma ci sei andato tu dal mago??!!

Lucas ha detto...

1)il racconto proseguirà per più o meno due tre settimana, una parte alla volta. 2) no, non ci sono andato dal mago...

Anonimo ha detto...
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