22.3.07

L'ultima volta (III).


Sulla seconda carta era disegnato un cuore stilizzato, trafitto dalla punta di una lancia. – Molto bene… pare che anche in amore non se la passi tanto male, eh? – Disse il mago, lanciando un’occhiata a Visconti. Questi ebbe un attimo di esitazione, prima di rispondere. Lo sguardo malizioso di quel truffatore gli dava fastidio. Era allusivo. Era lo sguardo di chi aveva appena finito di fare visita alla sua intimità. Sua e di sua moglie. – Le cose vanno bene. Non posso proprio lamentarmi… - Tagliò corto Visconti, col solito sorriso sulle labbra, lasciando che il mago intravedesse appena quel che c’era tra lui e Christine senza saziarne la fame di curiosità.
- Mi fa piacere per lei. – Disse il Professore. – D’altronde se le cose non andassero così bene non credo che sarebbe in arrivo un altro marmocchio oltre ai due che già ha… - Visconti sobbalzò. Non poteva credere che il mago avesse indovinato anche che la moglie era in dolce attesa. - Cosa ne sa lei che mia moglie aspetta un figlio? – Chiese stizzito.
- Lo vede? Lei non ha fiducia in me, nelle mie capacità. Eppure sono certo avrà modo di ricredersi… - Sorrise il mago, passandosi la lingua tra le labbra, con un gesto che già aveva compiuto in precedenza, quando aveva fatto apprezzamenti sulla sua vita sentimentale. Era un gesto che Visconti non sopportava. Lo metteva a disagio. - Era stata una grossa sciocchezza andare a parlare con quel grasso figlio di puttana. Era giunto il momento di rimediare, uscendo da quella tenda. - Pensò. - Ha finito? - Chiese stizzito al mago - È un po’ che sono qui, e vorrei andarmene.
- No, signor Visconti, non abbiamo ancora finito. Le carte da leggere sono tre. Ce n’è ancora un’altra. E poi potrà tornare dalla sua famiglia.
- …ok. Però faccia presto. Dobbiamo rientrare a Roma. Abbiamo l’aereo stasera.
- Non si preoccupi, ho quasi finito. E poi potrà tornare da sua moglie… – Di nuovo quel sorriso viscido. Voleva fargli perdere le staffe, ma non sarebbe cascato nella trappola, avrebbe mantenuto la calma. - Pensò l’inglese.
Il mago mischiò le carte rimaste. Spaccò in due il mazzo prima di dargli un’altra mischiata. Dispose le carte in lungo sul tavolino, a formare una striscia orizzontale, ancora coperte. Vibrò le mani nell’aria, un po’ più su delle carte. Chiuse gli occhi. Allungò la mano sinistra prima su di una carta riposta sul lato destro del tavolino, poi su di una dal lato opposto. Infine, con un cambio repentino, ne sollevò una posta al centro. La scoprì e, contemporaneamente, riaprì gli occhi. Visconti non stava fissando né le carte, né le mani del mago. Ma le sue palpebre. Aspettava che queste si sollevassero per rivelarne lo sguardo. Tutto si poteva dire, ma non che quel truffatore di Obada non avesse doti teatrali. – Pensò Visconti. - Dallo sguardo avrebbe sicuramente capito se la carta era buona o no.
Purtroppo non lo era.
Lo dicevano gli occhi del mago, che avevano fatto un balzo in avanti per poter poi a fatica fare rientro tra le orbite, quasi come fosse uno dei protagonisti di quei cartoni animati tipo Willy il coyote.
Aveva un futuro come attore, il mago. Non aveva dubbi Visconti. O forse lo pensava solo per calmarsi, per tranquillizzarsi, perché la vista della carta scoperta gli aveva provocato uno sgradevole brivido lungo la schiena.
Vi era raffigurato uno scheletro giallo, che impugnava una lunga falce. Ai suoi piedi due teste ancora sanguinanti dovevano essere il frutto di quella macabra mietitura.
- C-cosa… cos’è è quel disegno? C-cosa… cosa vuol dire? È uno scherzo, non è vero? Dev’essere quel suo dannato senso dell’umorismo! – Chiese Visconti, che aveva completamente perso la calma che lo aveva accompagnato fin dal suo ingresso nella tenda del “grande” Obada.
- …Mi dispiace, signor Visconti. Mi creda… vorrei non essere io a doverglielo dire, ma… a quanto pare ricchezza e amore reclameranno un prezzo molto alto.
- Cosa diavolo sta dicendo? La smetta di parlare per enigmi! È la morte quella lì sulla carta, vero? Chi colpirà? – Il Professore chiuse gli occhi, si stava concentrando per individuare chi tra i familiari di Visconti avrebbe ricevuto la visita dell’oscura mietitrice. Passarono alcuni secondi, che a Visconti parvero non finire mai. Purtroppo l’iniziale scetticismo stava soccombendo alle suggestioni provocate dall’efficace messa in scena del mago - … Mi dispiace molto, davvero signor Visconti, ma… preferisco non rivelarle quanto ho appena visto.
- Come? Ha fatto tutto questo casino e non mi vuole dire cosa ha visto?! No! Non è possibile! Ora deve dirmi tutto! – Gridò l’inglese, ormai un’altra persona rispetto al pacato gentiluomo che si era presentato al mago solo pochi minuti prima.
- I suoi familiare. Li ho visti morire. Tutti. Ho visto i crani fracassati dei suoi due figli lungo un marciapiede, le biciclette capovolte, le ruote che ancora giravano. Ho visto sua moglie morire tra interminabili grida di dolore mentre dava alla luce il suo ultimo figlio. Poi ho visto lei, i suoi occhi spalancarsi e perdere ogni luce quando ha trovato il suo ultimogenito riverso nella culla, il viso violaceo, il collo sottile strozzato dalle lenzuola.
- … …non può essere! Lei sta mentendo! Vuole soltanto rovinarmi la giornata! Lei è un delinquente! Evidentemente è così che si diverte… Dovrebb’essere arrestato! Appena fuori di qui la denuncerò! - Fece per allontanarsi Visconti. Non voleva sapere più nulla. Non gli interessava altro che fuggire da lì. Improvvisamente lo aveva preso un bisogno urgente di riabbracciare Christine, di stringere forte Sandra e Thomas, di sentire il nascituro scalciare nel ventre di sua moglie. – Aspetti un attimo, Visconti! Si fermi! C’è un’ultima cosa che devo dirle! – Gridò il mago, cercando di fermarlo, inutilmente. – Malgrado tutto, lei è un uomo fortunato. Moriranno tutti. Tranne lei. Resterà solo, ma vivo.
- Resterà solo, ma vivo. Ora ricordo bene. Furono queste le ultime parole che le dissi, mentre scompariva dalla mia visuale, senza pagare, tra l’altro… - Disse Juarez sorridendo maliziosamente. In fondo, la visita dell’inglese poteva presentare degli aspetti positivi. Oltre ai soldi per aver perso tempo ad ascoltare quell’inutile storia, ora che si era ricordato del loro primo incontro, avrebbe anche potuto chiedergli l’onorario per la premonizione di tanti anni prima. Con tanto di sovrapprezzo per interessi e svalutazione… - Beh, ora che ci siamo ricordati del passato, vuol essere così gentile da dirmi cos’è venuto a fare qui? Si sta facendo tardi e vorrei chiudere lo studio. Devo tornare a casa. C’è mio figlio che mi aspetta.
- Vuol sapere perché sono qui? Per farle i complimenti.
- … … …
- Lei è davvero un grande vidente, come dicono qui. Se l’è proprio meritato, quel titolo di professore…
- … … …
- E sa perché? Perché… io non so come diavolo abbia fatto, ma… c’ha preso in pieno. Christine. I miei due figli, Sandra e Thomas. Anche il più piccolo, Scott… erano passati appena tre mesi dalla sua nascita... – Si fermò, Visconti, come se soltanto pronunciare i nomi dei suoi familiari gli avesse portato via la capacità di completare le frasi.
- Io…
- …sono morti. Tutti. E proprio con le modalità che aveva descritto quella maledetta domenica.
- Io… mi dispiace molto per i suoi familiari… e per lei… ma… guardi… voglio rivelarle un segreto…
- Tutti.
- ... le mie previsioni, la lettura delle carte, sono tutte cazzate. Sceneggiate provate e riprovate davanti allo specchio solo per spillare soldi a creduloni come lei. Il mondo è pieno di gente capace di credere a qualsiasi stronzata io dica.
- Tutti.
- Non crederà che abbia realmente indovinato? È successo per caso. È stato il caso. Solo uno stupido scherzo del destino… - Fece per alzarsi, Juarez. Voleva tagliare corto con quell’inglese svitato ed andarsene da lì.
- Si calmi… - Lo fermò Visconti - …professor Juarez. E non abbia fretta di andarsene. - Il tempo di completare la frase ed una 21 Bobcat calibro 22LR era apparsa nella mano destra di Visconti. Juarez strabuzzò gli occhi. Non era neanche riuscito a vedere l’inglese estrarre l’arma. - Cerchi di calmarsi, Visconti. Io non ho fatto niente. Le mie previsioni erano tutte inventate. È stato solo un caso scherzo. Una terribile causalità.
- Stia zitto! - Gli intimò Visconti continuando a puntargli addosso l’arma.
- … … …
Sa qual è il problema quando si ha a che fare con una persona che ha perso tutto?
- … … …
- Che non c’è più niente che puoi portargli via.
- La prego… si calmi. La capisco. Qualunque persona al suo posto avrebbe perso la testa. Ma deve calmarsi. La pagherò. Le darò tutto quello che ho. Ma… la prego, mi faccia tornare a casa. Mio figlio mi aspetta.
- Lei sta fraintendendo. Io non sono pazzo. E non voglio i suoi soldi. E quanto a suo figlio… non si preoccupi, Makon può aspettare. Mi creda… ha tutto il tempo del mondo, per aspettarla.
- Come conosce il nome di mio figlio? Come fa a sapere di lui?
- Non mi pare di averle dato il permesso di parlare. - Disse Visconti, la calibro 22 ancora puntata contro la fronte del mago.
- … … …
- Sa qual’è la cosa più terribile, quando perdi qualcuno di caro, eh?
- …
- Che non puoi mai sapere quando sarà l’ultima volta.
- … … …
- Mi capisci, mago? Non nel senso di “l’ultima volta che ho visto il mio amico Bob è stato tre mesi fa. O l’ultima volta che ho visto un film memorabile, che ho ascoltato una buona canzone”. Capisci cosa intendo?
- … … …
- Intendo dire l’ultima. L’ultima.
- … … …
- Nel senso che non ce ne saranno altre. Mai più. Non riabbraccerai più tua moglie, non vedrai più il sorriso dei tuoi figli. Capisci, mago?
- Ah… sì… ora capisco. Ma non vedo cosa c’entra con quello che le avevo chiesto. Le ho chiesto di mio figlio, che ne sa che ho un figlio? Che si chiama Makon?
- Sai… è proprio un ragazzino simpatico, educato, gentile. Non ha preso proprio nulla da te…
- Come…
- … sai qual è stata l’ultima volta che hai visto tuo figlio, Juarez?
- Cosa?! Cosa stai dicendo?
- Hai capito bene, fottuto stregone. Ed intendo dire l’ultima.
- … … …
- Tu non lo puoi sapere. Non ancora. Ma io sì. E’ stata stamattina. Te n’eri andato da poco. Avevi salutato tuo figlio con il solito bacio sulla fronte. Sai… a casa sembri quasi una persona perbene. Stava facendo colazione, davanti alla tv, quando mi ha visto, mi ha salutato con la manina, ha chiesto chi fossi. – Un amico di papà. - Gli ho detto.- Soltanto un amico di papà. - Gli ho risposto, mentre la lama gli attraversava la gola da una parte all’altra. È morto sul colpo. Non ha sofferto.
- Nooooo! Non può essere vero! – Si alzò in piedi, il mago, cercando di afferrare l’inglese per la camicia, ma la vista ravvicinata della canna dell’arma impugnata da Visconti lo fece desistere dall’intenzione. - Figlio di puttana! Stai mentendo! – Gridò Juarez, allungando la mano sul telefono e componendo freneticamente il numero di casa.
- Mi spiace molto per Makon. Però, in fondo… malgrado tutto… - Visconti si alzò dalla sedia. - …sei un uomo fortunato. Resterai vivo. Solo ma vivo. - Aprì la porta e, con la stessa calma con cui aveva fatto ingresso nello studio del professore, ne uscì.
Mentre Juarez rimase immobile, a fissare il vuoto, la cornetta del telefono vicino all’orecchio destro, ad aspettare che risuonasse una voce che non avrebbe più ascoltato.

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