24.3.07
I 300 di Leonida tra Bush ed Ahmadinejad
Ieri sera ho visto "300".
Nulla da eccepire. Gran bel film: trama che non è una vera e propria trama, ma piuttosto uno scheletro di trama (la battaglia delle Termopili – punto -), immagini evocative e potenti, fotografia dai colori saturi, colonna sonora a metà strada tra i Carmina Burana e l’heavy-metal, voce off ben integrata nella narrazione, recitazione volutamente sopra le righe.
Prima considerazione: è un film che può rinnovare il genere “peplum”.
Anche un film formalmente ed esteticamente moderno come Il Gladiatore sembra vecchio di mezzo secolo se confrontato alla forza di certe sequenze di "300".
L’uso pittorico del sangue, il ralenty e le accelerazioni portate allo spasimo, i primi piani degli elmi e degli scudi, l’accumularsi di corpi ipertrofici degli spartani disegnano una nuova estetica per questo genere di pellicola che sarà difficile ignorare per quelle che seguiranno.
Tutto contribuisce a far sentire lo spettatore lì, alle Termopili, sul campo di battaglia, in guerra, ma non in chiave realistica come in film tipo “Salvate il soldato Ryan”.
È proprio l’armamentario audio-visivo suddetto che porta lo spettatore a sentirsi in guerra e, punto assai importante, a parteggiare per la guerra.
E qui veniamo alla seconda considerazione: 300 è un film militarista.
Ogni immagine, ogni parola va in una sola direzione.
Esaltare la guerra. Il suo valore assoluto.
In questo senso è una pellicola assolutamente contro-corrente rispetto a tutte quelle che si sono viste negli ultimi 30 anni circa da Orizzonti di gloria a Full Metal Jacket, passando per Apocalypse Now.
È un punto di vista discutibile, ma è anche giusto, o quantomeno necessario, che in tempi di pacifismo dilagante e spesso di facciata (costa poco appendere alla finestra una bandiera della pace e passarsi così una mano sulla coscienza…) arrivi qualcuno e ci dica: Fermi tutti. Sì, ok, la guerra è morte e sangue e merda. Ma la guerra è anche onore, gloria, lealtà. La guerra è una delle poche occasioni che l’essere umano ha per sentirsi realmente tale. Per aspirare alla gloria eterna.
E così veniamo al terzo punto: da che parte sta "300"?
Volendogli dare una lettura contestualizzata nell’attualità, chi sono gli Spartani? Gli americani?
Ed i Persiani? Gli Iraqeni, Iraniani o comunque i nemici degli Stati Uniti d’America?
Leggendo delle critiche in giro sembrerebbe che le cose stiano così, ma, come mi facevano notare nella discussione dopo visione due divoratori di cinema come Fabricius e Dombio, le cose potrebbero non stare così.
Come dicevo, la guerra, la morte in guerra è considerata dagli Spartani un prezzo da pagare.
Il sacrificio viene accettato perché consente di ambire alla gloria eterna.
Ed allora viene da chiedersi: chi è più vicino a questo sentire? Un soldato U.S.A. od un kamikaze disposto a farsi esplodere?
Non so voi, ma… io credo più il secondo.
Quindi, nel film, gli Spartani potrebbero rappresentare quei popoli più legati alle loro tradizioni, alla difesa della loro terra, dei loro valori.
Ed i Persiani rappresenterebbero noi occidentali, corrotti, pronti a sottomettere gli altri popoli mercanteggiando (con denaro, mezzi di comunicazione e quant’altro) piuttosto che imbracciando le armi.
In altre parole Serse sarebbe Bush.
Leonida Ahmadinejad.
E non il contrario.
Quindi un film additato da parte della critica italiana come uno spettacolare spot dell’America di Bush finisce col rivelarsi, paradosso dei paradossi, anti-americano.
C’è poi un quarto punto, ma mi sono dilungato anche troppo quindi lo approfondirò un’altra volta, magari in un prossimo post.
300 è una trasposizione estremamente fedele (se non per la presenza delle creature mostruose, assenti nel fumetto, ed anche uno dei punti deboli della pellicola) della graphic-novel di Frank Miller.
Quasi tutte le inquadrature sono prese pari pari da lì.
Idem i dialoghi.
E persino la voce fuori campo.
E anche in questo "300" segna l’inizio di una tendenza (ma forse è più corretto dire prosegue una tendenza già iniziata con gli adattamenti di Sin City e di V for Vendetta).
Non si adattano più soltanto i personaggi tipo Spider Man, Barman, Fantastici 4, X-Men, costruendo sceneggiature che saccheggiano anni e anni di storie di questi eroi, ma si girano pellicole che adattano integralmente dei fumetti (o romanzi a fumetti che dir si voglia).
Pellicole dove la sceneggiatura non viene scritta ad hoc, perché già c’è.
È lì. Bella pronta.
Bisogna solo filmarla.
È un modo nuovo di rapportarsi ad un medium per troppo tempo considerato di serie b e guardato dal mondo del cinema e della tv dall’alto verso il basso.
E non è un caso che autori come lo stesso Frank Miller decidano di passare dietro la macchina da presa dopo essere stati per anni davanti al tavolo da disegno.
Forse, finalmente, qualcuno ad Hollywood (e speriamo prima o poi accada anche in Italia…) si è accorto, per dirla con le parole di Brian Michael Bendis, che “tutto ciò che si sta facendo adesso al cinema, nel fumetto è già stato fatto”.
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3 commenti:
300: che significa?
Nonostante lucas mi definisca semplicemente divoratore di film, non credo che peccherei di presunzione se mi definissi un autentico esperto...
Ciò detto, non dico nulla sul senso estetico del film, ma mi limito a esporre il significato che il film manifesta agli occhi di uno spettatore medio come me: il punto dal quale parto è che il film non esprime assolutamente il valore della guerra!
Bisogna fare attenzione quando si dice che il film esalta la guerra. Non è così.
Il film esalta la posizione di Leonida, in sala tifano tutti per lui, ma qual'è la posizione di Leonida?
Leonida subisce una invasione del proprio regno da parte di un invasore straniero che vuole imporre il proprio dominio.
Leonida si oppone all'oppressore imperialista,
Leonida sacrifica la propria vita per difendere la libertà e l'indipendenza del suo popolo.
Leonida non intende portare guerra ad altri popoli, non organizza truppe per invadere altrui territori, si limita alla difesa.
Leonida, pur grande guerriero, non crede nella guerra ma nella difesa della libertà, ad ogni costo!
Attenzione a distinguere bene: nel film la guerra non è il valore esaltato, ma l'unico strumento per affermare la propria libertà!
La guerra la porta Serse, è Serse che esprime il valore della guerra, è lui che invade uno stato indipendente per farne una regione del suo impero. Ma non è lui che viene esaltato dal film! Nessuno spettatore, durante la battaglia tifa per Serse, tifano tutti per Leonida!
A questo punto la domanda da farsi non è se Bush sia Serse oppure Leonida.
La domanda giusta è: Bush è un oppressore neo-imperialista, oppure un guerriero disposto al sacrificio eterno pur di affermare i valori di libertà ed indipendenza in cui crede?
Chi sa rispondere me ne indichi i motivi perchè io sinceramente non lo so!
Capisco quello che dici però Leonida si trova di fronte ad una scelta: scendere a patti con i Persiani o combatterli?
Semplificando e leggendo in chiave attuale la scelta è: diplomazia o guerra?
Lui sceglie la seconda. E, a mio parere, il film usa un armamentario fatto di immagini e dialoghi votati all'esaltazione della guerra.
Non esco dalla sala pensando "la guerra è una merda".
No, io esco pensando "la guerra è esaltante", anche quando, come in questo caso gli "eroi" non escono vivi dal campo di battaglia.
Questo a mio parere, ovviamente...
Serse vuole imporre a Leonida le sue condizioni unilateralmente poste!
Non dà possibilità di alcuna scelta tra guerra e diplomazia: o ti sottometti o ti distruggo, questo è il senso della posizione di Serse...
Io esco dalla sala pensando non che la guerra è esaltante ma che è esaltante il modo in cui Leonida ha il coraggio di portare fino in fondo le sue scelte per difendere gli ideali in cui crede.
mio parere... ovviamente
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