31.5.07
Un polpettone indigesto.
Lungo.
Confusionario.
Senza pathos.
Interminabile.
Ironia da gelo.
Recitato maluccio.
Estenuante.
Senza né capo né coda.
Johnny Depp parodia della parodia di se stesso.
A tratti incomprensibile.
Senza ritmo.
Lungo.
Lungo.
Lungo.
Troppo lungo.
Di cosa sto parlando?
Del film che vedete qui sotto
Ah, se non fosse ancora chiaro, non l'ho apprezzato granché...
29.5.07
I'm with Quentin Tarantino.
In attesa di poter vedere anche qui in Italia l'ormai imminente Death Proof, divampa online e sui quotidiani la polemica dopo l'intervista rilasciata da Quentin Tarantino, in cui il regista di Pulp Fiction spara a zero sulle pelicole italiane degli ultimi anni.
"I nuovi film italiani sono deprimenti. Le pellicole che ho visto negli ultimi tre anni sembrano tutte uguali, non fanno che parlare di: ragazzo che cresce, ragazza che cresce, coppia in crisi, genitori, vacanze per minorati mentali. Che cosa è successo? Ho amato così tanto il cinema italiano degli Anni 60 e 70 e alcuni film degli Anni 80, e ora sento che è tutto finito. Una vera tragedia".
Questa le parole incriminate che hanno suscitato le reazioni più forti, come quella di Marco Bellocchio che potete leggere qui.
Io personalmente, non posso che essere d'accordo con Quentin, soprattutto quando rimpiange il cinema italiano degli anni '70 ed '80.
Era un cinema caciarone, volgare, scollacciato quanto volete, ma era anche un cinema colorato, pieno di idee, di volti indimenticabili, di soluzioni visive originali, di colonne sonore eccezionali.
Era, soprattutto, un cinema che offriva una grande ricchezza di generi: dalla commedia sexy, al "poliziottesco", passando per il thriller, l'horror ed il western.
Di tutto questo, nella cinematografia italiana contemporanea rimane davvero poco.
O niente.
Abbiamo perso la capacità di produrre pellicole "di genere".
A meno che per generi non si intendano il "genere Muccino" (famiglia e/o coppia in crisi e relative conseguenze), il "genere Moccia" (tipo ho voglia di te di me o di altro...) o quello più diffuso, il "genere depression" (uno qualunque dei film interpretati da Lo Cascio o diretti da Ozpetek).
Insomma, il panorama è desolante ed è un grave errore liquidare, come fa Bellocchio, le riflessioni di Tarantino come sbagliate perché provenienti da una persona che non ha visto "tutto" il cinema italiano degli ultimi anni.
Sì, è vero, Tarantino non avrà visto proprio tutti i film italiani (anche se un onnivoro come lui ne avrà guardati un bel pò...) e ci sono sicuramente delle eccezioni.
Però sono eccezioni che non fanno altro che confermare la regola.
Che è quella descritta senza tanti giri di parole da Quentin.
Onore al GIAPPONE!
Ryio Mori, vent'anni, miss giappone.
L'avevamo già vista su queste pagine.
Che dire? A quanto pare, le abbiamo portato fortuna...
28.5.07
Vieni avanti, Lino!
Ho scoperto casualmente l'esistenza del blog del mitico Lino Banfi.
E' davvero interessante: ci trovate un sacco di aneddoti personali del buon Lino sui suoi incontri con altri grandi artisti come Totò e Franco & Ciccio e, soprattutto, aggiornamenti continui sull'attesissimo sequel de "L'allenatore nel pallone".
Per visitarlo cliccate qui.
26.5.07
25.5.07
Duplo Vs. Lego
Ci sono delusioni grandi, capaci di gettarti in un baratro in una frazione di secondo, senza che tu abbia neanche il tempo di accorgertene.
Schiaffi improvvisi e forti, capaci di stordirti e lasciarti a terra per un po’…
E ci sono delusioni piccole, che quando arrivano nemmeno ci pensi più di tanto.
Passa un attimo e te le sei già messe alle spalle.
Il tempo di una telefonata, di due-tre pagine di libro, del ritornello di una canzone che ascolti volentieri.
Che quando ti fermi a pensarci su, neanche ti ricordi cos’è che ti ha lasciato quella sensazione sgradevole che ti è rimasta addosso.
Sì, perché, anche se non credi possa essere così, anche se ti sembra che non ti abbiano fatto niente e siano volate via, leggere e invisibili come rivoli di polvere, le piccole delusioni ti restano attaccate addosso.
Fanno amicizia tra loro.
Solidarizzano.
Si coalizzano.
Come tanti mattoncini Lego incastrati l’uno sull’altro a dare forma ad una costruzione geometrica e solida.
E così alla fine, quando è troppo tardi per scrollarle via dalle spalle con un fugace colpo di mano, hanno già costruito un bel fortino, che faticherai a buttar giù.
E quindi…
..non ne sono così sicuro, ma forse, dico forse, è meglio andare incontro a delusioni grandi.
Perché uno schiaffo preso forte in faccia ti costringe a reagire, dopo che hai perso un po’ di tempo a leccarti le ferite.
Una caduta dall’alto ti fa venire voglia di rialzarti e riprovare a camminare.
Una costruzione fatta di Duplo con un calcio la butti giù più facilmente.
Con una fatta di tanti pezzettini di Lego non è detto che ci riesci al primo colpo.
Ed anche ammesso che tu ce la faccia, c’è sempre il rischio che una buona parte resti in piedi…
23.5.07
Di individualismo, gioco di squadra e progetti...
Ammettiamolo: vedere e rivedere Maradona che ai mondiali dell’86 attraversa l’intero campo di calcio e segna un gran gol dopo aver dribblato tutta la squadra avversaria, oltre che essere un grandissimo spettacolo per gli occhi, ti trasmette una sensazione straordinaria.
Perché quel gol è la realizzazione materiale, la prova vivente, l’incarnazione dell’idea che un individuo, da SOLO, possa battere tutti gli altri.
Immaginiamo un azione di basket in cui solo il centro è nell’aria avversaria e gli altri quattro giocatori sono nello spazio esterno all’aria, ognuno posizionato su un punto diverso, ma tutti lungo la linea del tiro da tre.
Il giocatore all’angolo destro passa la palla al giocatore alla sua sinistra, quest’ultimo a quello alla sua sinistra, fino ad arrivare all’angolo opposto, quello sinistro, dove il giocatore lì posizionato si alza e mette il tiro da tre.
È un’immagine altrettanto bella?
Forse no.
Però, dopo aver segnato, quando i giocatori si daranno il cinque, lo faranno sentendosi tutti più forti. Più orgogliosi dei punti segnati.
Perché in quei punti ciascuno di esso ci ha messo del proprio.
Tutti hanno contribuito a quel risultato.
Quei punti sono di TUTTI i giocatori e non di uno solo, anche se il tabellino non dice così.
Sono un tipo abbastanza solitario, uno che il più delle volte preferisce starsene da solo piuttosto che in compagnia.
A volte credo di essere anche un po’ asociale.
L’idea di una sfida da solo, di un qualcosa che posso gestire da solo, come questo blog, mi piace.
Però, se mi fermo a pensarci, mi piace ancora di più l’idea di fare qualcosa insieme ad altre persone, di lavorare a qualcosa con altri.
Un esempio?
Ne faccio due.
Vorrei scrivere una serie televisiva.
Non una di quelle che si fanno in Italia dove i protagonisti devono essere per forza carabinieri, poliziotti o preti.
Ma una di quelle americane, tipo Lost, Grey’s Anatomy o Dexter.
È un sogno impossibile da realizzare, lo so.
Ma mi affascina l’idea che c’è dietro.
L’idea di svolgere un lavoro di questo tipo, che richiede una forte sinergia, un continuo scambio di idee, una divisione di compiti, tanta voglia di fare ed anche, soprattutto, un bel po’ di persone che ci lavorino.
E la cosa belle è che alla fine non conta chi ha scritto questa o quella puntata, o ha avuto quella idea o quell’altra ancora.
Quello che conta è che è venuto fuori Lost e questo è stato possibile perché dietro Lost non c’è UNO sceneggiatore, ma un TEAM di sceneggiatori.
Altro esempio.
Voglio costruire, da zero, uno studio legale.
Chi ci entra deve avere non più di trentatre-trentaquattro anni.
Magari ognuno è esperto in un particolare ramo del diritto.
Chi entra deve avere talento e/o una gran voglia di fare.
Deve essere una squadra, dove ognuno deve sentirsi importante.
Dev’essere la Justice League degli studi legali.
Tutto questo però è molto difficile da realizzare.
E non solo per ovvi motivi di ordine pratico-economico-materiale.
È difficile perché queste idee sono vaghe, generiche, solo abbozzate.
Sono embrioni (e nemmeno…) di idee.
E non idee vere e proprie.
E così arriviamo all’ultimo aspetto da citato nel titolo di questo post.
Per fare un buon lavoro di squadra ci vuole talento, senso di sacrificio da parte di tutti e un buon affiatamento.
Ma ci vuole anche un’altra cosa.
Ci vuole un progetto.
Le cose bisogna iniziarle non così, tanto per farle, ma avendo in mente un obiettivo, sia esso a breve o a lungo termine.
E il progetto dev’essere quanto più dettagliato possibile.
Deve reggersi in piedi e camminare da solo.
Solo così potrà consentire ad una squadra non solo di iniziare un cammino.
Ma anche di proseguirlo.
Dopo Rocky Balboa...
..beccatevi anche il ritorno di John Rambo!
Con uno Sly sempre più imbolsito e "gommoso"...
21.5.07
Inquietante.
C'era molto curiosità in rete per il look del Joker nel sequel di Batman Begins che uscirà nell'estate 2008.
Questa è la prima foto ufficiale che ritrae Heath Ledger nelle vesti dell'arci-nemico di Batman.
Che dire?
Il risultato sembra piuttosto diverso dal Joker fumettistico, ma anche decisamente inquietante e lontano anni luce dalla versione caciarona e cialtronesca del Joker interpretato da Jagk Nicholson nel Batman di Tim Burton.
Staremo a vedere...
19.5.07
Megan Fox!
18.5.07
Tre anni dopo.
Tre anni e qualche mese fa compravo il primo album dei Maroon 5, Songs About Jane.
Ricordo bene quel giorno, particolarmente felice per me.
Non tanto per l’acquisto di quel cd. O, comunque, non solo per quello.
Il disco era davvero bello.
Uno dei pochi album usciti negli ultimi anni che ti faceva venire voglia di schiacciare di nuovo il tasto PLAY non appena avevi terminato di ascoltarlo.
Anche il periodo in cui lo ascoltavo più spesso era davvero bello.
E poi, i testi della canzoni dell’album si rilevarono una miniera inesauribile di spunti.
Lo confesso, per trovare l’ispirazione per scrivere diversi SMS rubai a mani basse da quel cd.
E, devo ammettere, alcuni colpirono nel segno.
Poi le cose sono andate come sono andate ed il ritornello di This Love è diventato la beffarda colonna sonora di un addio arrivato troppo presto.
Oggi i Maroon 5 sono tornati con un nuovo album, It Won’t Be Soon Before Long.
Sono tornati con quel mix particolarmente riuscito di Stevie Wonder, Prince, Michael Jackson e Police che aveva caratterizzato il loro primo disco.
Sgombro subito il campo da dubbi e domande.
Sì, il cd è altezza del precedente.
Certo, la linea di basso di Every Breath You Take a volte è più che omaggiata…
In qualche pezzo c’è un po’ un eccesso di produzione e non tutti i brani sono all’altezza.
Però il disco è un bel disco.
Che piacerà a quelli che hanno amato il cd precedente.
Non posso ancora sapere come saranno i momenti in cui lo ascolterò.
Spero buoni.
Io sono sereno.
E aspetto.
Sperando che la prossima volta l’epilogo non somigli troppo al ritornello di This Love.
E intanto mi godo Wake Up Call, Won’t Go Home Without You e Nothing Lasts Forever.
Il miglior terzetto di brani in successione che abbia ascoltato da parecchio tempo a questa parte.
Idee dalla vita breve.
A volte sei lì a scervellarti fino a che non le hai trovate.
A volte sono loro che trovano te.
Altre volte ce le hai lì, sotto al naso, e devi soltanto metterle insieme.
Certe volte arrivano, che nemmeno te le aspetti e se non sei svelto a fissarle sono già belle che andate.
Non importa in che modo, ma le idee alla fine arrivano.
Il problema è che ogni volta che arrivano iniziano un percorso.
Che è sempre lo stesso.
E fa più o meno così.
FASE I – L’ARRIVO
Ti viene un’idea.
Sei soddisfatto.
Di più. Sei molto soddisfatto.
L’umore è alto.
FASE II – NON SE NE VA
L’idea è giunta, ma tu sei impegnato a far altro.
Provi ad accantonarla.
Ma non ci riesci.
Ormai è entrata nella tua testa.
Ogni minuto che passa sembra sempre più bella.
Sei molto soddisfatto.
Di più.
Ti senti un fottuto genio.
È l’idea di una vita.
Com’è possibile che nessuno ci abbia già pensato?
L’umore è alle stelle.
FASE III – ASSESTAMENTO CON INSIDIA
È passato un giorno dall’arrivo. Al massimo due.
L’idea è ancora lì, in sottofondo, che ti accompagna.
La analizzi con un pizzico di distacco in più. L’entusiasmo iniziale sta scemando, ma c’è ancora un’eco che si fa sentire.
Ti rendi conto che non è originale. Ma non fai drammi.
L’originalità assoluta non esiste. Ripeti a te stesso.
E poi se ci aggiungo questo.
E questo.
E quest’altro ancora, funzionerà ancora meglio dell’originale.
Tutto sommato, sei ancora soddisfatto.
Ma, anche se ancora non puoi saperlo, i semi del dubbio sono stati gettati.
L’idea ha vissuto i suoi cinque minuti di gloria.
Presto uscirà di scena.
L’umore è medio-alto-basso.
FASE IV – NELL’OBLIO
Sono passati quattro-cinque giorni dall’arrivo.
Massimo una settimana.
Riprendi in mano il foglio sul quale l’hai appuntata.
Ti guardi intorno, con circospezione.
Sollevi le braccia ed esclami: “Che cagata!”
E poi: “Ma come ho fatto ad esaltarmi per questa stronzata?”
No, proprio non va.
Oppure: “Non è male. Ma come si fa a realizzarla? Verrebbe malissimo!”
Senza che nemmeno te ne sia accorto l’idea è già finita nel cestino, appallottolata nel misero foglio che la racchiude.
L’umore è basso basso basso.
Ma proprio basso.
P.S. Il giorno che riuscirò a far durare le prime due fasi non dico molto, ma almeno un cinque-sei mesi, forse, e dico forse, riuscirò a produrre qualcosa di buono.
16.5.07
15.5.07
Concorso - Uomo Paggio per un giorno
Vuoi essere Uomo Paggio per un giorno?
Bene!
E' arrivata la tua grande occasione!
Invia entro il 16.6.2007 all'indirizzo e-mail che trovi visualizzando il mio profilo un racconto dedicato all'Uomo Paggio con le seguenti caratteristiche: formato Word, max 8000 battute spazi inclusi, interlinea 1,5.
Il migliore verrà pubblicato entro il 14.7.2007 sul blog.
13.5.07
Cen-to! Cen-to! Cen-to!
Quello che state leggendo è il post numero 100 che appare su questo blog e mi è sembrato giusto dedicare qualche riga a questo piccolo ma importante traguardo.
Il timore principale che avevo, quando ho deciso di aprire questo spazio, era che mi sarei stancato presto di dedicarvi attenzione e che, passato l’entusiasmo iniziale, anche questo progetto, come altri passati (ahimé!), sarebbe finito nell’oblio.
In questo senso, aver scritto 100 post mi rasserena e mi da l’idea che, tutto sommato, la paura dell’oblio sia stata sconfitta dai fatti, dalla voglia di fare e dalla sensazione di avere ancora qualcosa da dire.
Il sottotilo di – IN FUGA DA FERMO – è composto da tre frasi.
Sono tre frasi che evocano l’idea di fuga e di viaggio che è alla base di questo spazio.
Ma sono anche tre frasi che vogliono dire qualcosa di più.
E, giunti al centesimo post, è arrivato il momento di rivelare il loro vero significato.
Bagaglio a mano.
Perché, in fin dei conti, le cose che ci portiamo dietro, quelle che contano davvero, non sono davvero molte.
E così, se date uno sguardo a quello che è stato questo blog finora, vi rendete conto che, in fondo, magari da prospettive diverse, è di questo bagaglio che abbiano parlato.
Un bagaglio fatto di amicizia, di amore, di delusioni, di ricordi, piacevoli e meno piacevoli.
Di ironia.
E di rabbia.
Forse non è molto, ma è quanto basta a sostenerti durante una fuga.
Destinazione incerta.
Su queste pagine avete trovato un po’ di tutto: sfoghi ad alta voce accompagnati dalle note dell’ironia o dagli eccessi che portano con sé le invettive.
Riflessioni personali fatte a bassa voce, senza che né l’ironia, né la rabbia le accompagnassero.
E poi recensioni, racconti, aneddoti di vita vissuta.
O soltanto immaginata.
Persino uno pseudo-saggio sulla straordinaria forza immaginifica e narrativa delle serie tv di ultima generazione.
E molta musica.
E tanti video.
Perché quando ci si collega a questa pagina, proprio come quando si viaggia senza una destinazione precisa, non si può mai sapere con certezza cosa si troverà.
Mi piace pensare che ognuno, quando passa da queste parti, può trovare qualcosa di interessante o di curioso.
Scegliere cosa.
Prendersela.
Andarsene.
E magari ritornare a cercare di nuovo.
Senza risparmiare il fiato.
È la frase cui tengo di più.
È il mantra che ripeto a me stesso ogni volta che sono davanti al computer a preparare un nuovo post.
La maggior parte delle cose che avete letto quassù è stata fatta andando all’attacco.
Senza giocare in difesa.
Senza risparmiare le energie.
Le cose che ho scritto possono piacere o meno.
Dare fastidio o meno.
Fare arrabbiare o meno.
Divertire o meno.
Questo sta a voi dirlo.
Ma quello che è certo è che sono frutto di tempo.
Di passione.
Di sudore.
Qui il copia-incolla, se si eccettuano i video postati da You Tube (la cui scelta è comunque spesso accurata e mai casuale), è bandito.
Tutto questo, purtroppo, ha anche i suoi lati negativi.
Trovare idee quasi ogni giorno non è affatto facile.
Svilupparle degnamente lo è ancora meno.
Non nascondo che un po’ di fatica comincia a farsi sentire…
Ma troverò comunque il tempo di conservare e mantenere vivo questo spazio, magari rallentando il ritmo di pubblicazione dei post...
Infine, vorrei cogliere l’occasione offerta da questo post per ringraziare tutti coloro che hanno fatto un salto su queste pagine e, soprattutto, ci sono tornati.
Grazie mille.
Davvero.
Bene, mi sa che mi sono auto-celebrato abbastanza…
È il momento di riprendere a camminare.
È il momento di tornare a correre.
E, come dice la bella canzone in sottofondo, di andare avanti.
12.5.07
Provaci ancora, Rob!
“La Casa dei 1000 Corpi” era una sorta di rivisitazione di “Non Aprite quella Porta” girata con uno stile allucinato e calata in un’atmosfera malata e disturbante.
Il sequel, “La Casa del Diavolo”, partiva da premesse analoghe per liberarsi presto dalle tematiche horror e diventare un road-movie saturo di raggelante pessimismo e, al tempo stesso, una sorprendente ode alla libertà ed alla fuga.
Per me, uno dei migliori film degli ultimi anni.
Adesso, dallo stesso regista e sceneggiatore, Rob Zombie, sta per arrivare questa nuova versione di “Halloween” che dovrebbe spazzare via anni di sequels imbarazzanti e ritornare alle radici del personaggio protagonista, lo psicopatico Michael Myers.
Sono molto fiducioso e credo sia stato scelto l’unico autore in grado di rivitalizzare questa serie facendola tornare ai livelli del capitolo iniziale firmato John Carpenter.
Speriamo soprattutto che nel film torni a recitare, come nelle due precedenti pellicole, anche la moglie del regista, Sheri Moon Zombie…
10.5.07
(You Want To) Make A Memory
Sì, la canzone non è male: una ballad facile facile che entra in testa al primo ascolto, ma volete mettere con quando ci regalavano canzoni come questa?
Cosa succederebbe se Super Mario...
..esistesse realmente.
E' ciò che si è chiesto l'autore di questo video.
Semplicemente geniale!
9.5.07
Un picchiaduro "divino".
Con la possibilità di sfidare Satana usando Gesù.
O di mettere in pratica le incredibili mosse segrete di Noé ed Eva.
Lo trovate QUI.
6.5.07
Picchi.
Nella giornata di ieri, in occasione del "Paggio Day", il blog ha raggiunto il record di pagine viste (quasi 150 con oltre 40 visite)!
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno visitato il blog nella giornata di ieri contribuendo così alla riuscita della grande festa in onore del Paggio.
W il Paggio! Lunga vita al Paggio!
...e TRE!
Dopo aver dato uno sguardo in giro ad un po’ di recensioni del nuovo capitolo della saga cinematografica dedicata all’arrampicamuri, posso dire che la maggior parte delle critiche mosse al film vertono su questi tre punti:
1. “Nel film c’è troppa roba”. “Succedono troppe cose”. “Raimi ha messo troppa carne al fuoco”.
Forse è vero: tre nemici sono tanti, due storie d’amore anche e di certo le due ore e mezza di film lasciano lo spettatore sazio come chi si alza dalla tavola dopo aver preso parte ad un pranzo natalizio particolarmente abbondante...
Ma avete visto il numero affianco alla scritta “Spider-Man” sui manifesti?
È un “3” e sapete cosa significa?
Che, per forza di cose, il terzo capitolo dev’essere più grande, più grosso dei primi due.
Ci dev’essere più azione, più sentimento, più effetti speciali.
Un solo nemico non può mica bastare (ed a questo punto meglio abbondare e piazzarne tre anche per restare in tema col titolo).
In altre parole, tutto dev’essere più.
È una legge di Hollywood che governa tutti i sequels e, giusta o sbagliata che sia, non può pensarsi che non debba valere anche per Spider Man.
2. “La sceneggiatura presenta dei salti logici”. “Alcune scelte dei personaggi non sono psicologicamente comprensibili”.
Sì, qualcosa che non fila perfettamente c’è, ma… ragazzi, stiamo parlando di un film dove un uomo in tutina rosso-blu (o nera) volteggia per le strade di New York grazie a ragnatele che gli escono dalle vene, vi pare che sia un film dove conta la verosimiglianza logica?
3. “Tobey Maguire è inespressivo”. “Tobey Maguire è incapace”. “Tobey Maguire è antipatico”.
Tobey Maguire inespressivo, incapace e perfino antipatico?
Beh… su questo punto non posso che concordare.
E alla grande.
Spero vivamente che alla Sony, se metteranno in cantiere un quarto capitolo (ipotesi piuttosto probabile), decideranno una volta per tutte di sbarazzarsi di quest’attore, rimpiazzandolo con qualcun altro.
Quindi, in conclusione, andate a vederlo e prendetelo per quello che è: un pop-corn movie che non sfigura di fronte ai primi due capitoli.
Anzi, possibilmente, guardatelo sgranocchiando pop-corn da una di quelle mega confezioni formato famiglia e sorseggiando Coca-Cola alla spina formato maxi cercando di fare più rumore possibile.
Vedrete che la visione acquisterà ancora più gusto…
Scarabocchi on line.
E' nato un nuovo blog.
E' curato da Niki/Dombio ed, oltre ai contenuti tipici di un blog, è ricco di musica, giochini on line, sfondi e altre cosette divertenti.
Potete visitarlo cliccando qui.
In bocca al lupo a Niki per questa nuova avventura.
5.5.07
Il Ritorno dell'Uomo Paggio (Parte II - Nella mente dell'Uomo Paggio).
Dal diario segreto dell'Uomo Paggio
Caro diario,
oggi è stata una bellissima giornata. Una delle più belle che io ricordi.
Stamattina l’ho chiamata e la sua voce era squillante come e più del solito.
Non so se è per via del nuovo lavoro che, a quanto dice, deve piacerle molto.
Ma io sono convinto che, e forse pecco un po’ di presunzione, che, sotto sotto, è proprio grazie a me. Ho come la sensazione che sto iniziando a piacerle.
Sì, è vero che per convincerla ad uscire ho dovuto faticare un po’.
Ma qual è la donna che non si fa pregare?
E poi, alla fine, mi ha accontentato in tutto. O quasi.
Certo, le proposte le avevo selezionate in considerazione dei suoi gusti: lo spettacolo a teatro, la cena a base di giapponese. Tutte cose per cui va pazza.
Non mi poteva dire di no. Che volpe che sono!
Peccato solo per la passeggiata vicino al mare! Ma forse sono stato un po’ troppo audace a chiederle di farla. Per queste cose ci vuole un bel po’ di tempo. E, come mi ripete sempre, io sono troppo impaziente.
Devo avere più pazienza.
Lei me lo dice sempre.
Comunque, ti stavo raccontando della giornata.
Quindi verso le sette sono passato a prenderla, solo che era un po’ prestino, come al solito…
Ho dovuto aspettare un po’ prima che scendesse.
Ma qual è la donna che non si fa attendere?
E poi… sicuramente doveva fare una di quelle cose da donna. Truccarsi. Prepararsi. Sai, gli abbinamenti e tutto il resto. Anche se, ora che ci penso su, mi pare che sia scesa in tuta…
Mah! Chissà! Forse mi confondo con martedì sera..
A teatro è andato tutto bene. Ogni tanto ho provato a prenderle la mano e lei…attenzione perché è importante… lei… non l’ha allontanata. Ora dimmi tu se questo non è un chiaro segnale che prova qualcosa per me! A onor del vero dopo un po’ che la sfioravo si scostava…
Ma qual è la donna che non gioca a ritrarsi?
E poi… ha detto che lo faceva perché stava scomoda e doveva cambiare posizione.
Ed anche su questa devo dire che aveva ragione: quelle poltrone erano davvero scomode.
La prossima volta prenoterò i posti migliori. Anche se al botteghino avevano detto che erano questi… Mah! Chissà! Forse i migliori erano già prenotati…
Al ristorante è andata bene, anche se purtroppo non è che abbiamo potuto parlare granché.
Ha passato un’ora al cellulare. “Roba di lavoro” ha detto. Ha riso quasi tutto il tempo che è stata al telefono con quel collega. Sarà un tipo molto simpatico, magari ci proverà anche un po’ con lei e lei glielo farà anche fare…
Ma qual’è la donna a cui non piace essere corteggiata?
E comunque non mi spaventa mica il primo collega che ci prova…
Certo, però, che dev’esserci proprio un bel clima, allo studio, perché l’ho vista ridere di gusto. Buon per lei. È una gran cosa lavorare in un ambiente sereno e divertente.
Poi ci siamo salutati e lei… beh, non è successo niente, ma… il modo in cui mi ha sorriso… quello sguardo malizioso… sì, più ci penso più mi sembra che le cose stanno proprio così: le piaccio.
Ma non è finita.
Perché poi… poi è successa la cosa più bella della giornata.
Le ho mandato un messaggio.
Nulla di particolare.
L’ho soltanto ringraziata per la bella serata passata insieme.
E lei… lei mi ha risposto e… quasi mi trema la mano per l’emozione mentre scrivo…
Lei mi ha risposto così: “GRAZIE MILLE ANCHE A TE. BUONANOTTE. FA’ SOGNI D’ORO…”
Non so tu che ne pensi, caro diario, forse è stata un po’ troppo sintetica, forse non ha abbondato come me, però, quei puntini… quelli lì, alla fine del messaggio…
Beh, secondo me non li ha messi lì a caso.
No, credo proprio di no.
Quei puntini dicono più di quanto sembra.
Quei puntini dicono tutto.
O sbaglio?
Il Ritorno dell'Uomo Paggio (Parte I - L'altra metà del cielo).
PRIMA
Roberta scrive:
Aspetta un attimo… sta squillando il cellulare.
Manuela scrive:
Ok.
Roberta scrive:
Che palle! Sta già qui sotto.
Manuela scrive:
Così presto? Ma non doveva passare a prenderti alla sette e mezza?
Roberta scrive:
Sì, ma arriva sempre in anticipo. È un’altra delle sue pessime abitudini…
Manuela scrive:
Beh, allora vai. Mi scollego. Poi mi racconti al ritorno.
Roberta scrive:
Nooo! Ma che vai e vai! Adesso lo faccio aspettare un bel po’… Così può darsi che impara, a presentarsi sempre presto.
Manuela scrive:
Non sarai troppo severa con lui?
Roberta scrive:
Ma che severa?! Dovrebbe baciare la terra dove passo io… per avere l’onore di uscire con me. E poi… è come con i bambini piccoli. Va educato. Le parole con lui non servono. Dev’essere ammaestrato.
Manuela scrive:
Come un cane, vorrai dire, più che come un bimbo…
Roberta scrive:
No, come un cane no… è un po’ forte come espressione. Diciamo come un cagnolino. Che suona meglio. È più dolce, più carino.
Manuela scrive:
Se lo dici tu?! Ma non devi prepararti? Sei già pronta?
Roberta scrive:
Veramente no. Sono in tuta. Prima che tu mi svegliassi con quei trilli stavo riposando. E, per riposare, preferisco stare comoda.
Manuela scrive:
Beh allora ti saluto. Dovrai vestirti, no? Quel poveretto quanto vuoi farlo aspettare ancora?
Roberta scrive:
No, non ti preoccupare di lui. Come ti ho detto, deve imparare. E poi… scenderò così. Non ho nessuna intenzione di farmi bella per lui.
Manuela scrive:
Neanche un po’ di trucco?
Roberta scrive:
Niente. Già così rischio che mi salti addosso. Dovresti vedere come mi guarda…
Manuela scrive:
Immagino. Poveraccio, però. Dev’essere davvero dura per lui: ti porta ad uscire e non ha mai la possibilità di farci qualcosa, con te.
Roberta scrive:
Mah! Non lo so. Non è che ci pensi granché…
Manuela scrive:
Senti… posso chiederti una cosa? Però promettimi di non arrabbiarti.
Roberta scrive:
…ok, spara.
Manuela scrive:
Perché fai così con lui? Voglio dire… potresti avere un uomo vero accanto a te e non un… come posso dire… un paggetto.
Roberta scrive:
Paggetto? Bello questo nomignolo! Mi piace.
Manuela scrive:
Allora? Perché lo tratti così? Non è un modo di illuderlo? Di giocare coi suoi sentimenti?
Roberta scrive:
…aspetta un attimo. Sta squillando di nuovo… E’ sempre lui. Adesso mi farò sentire. Eccome se non mi farò sentire. Allora scendo. Ci sentiamo dopo.
Manuela scrive:
…ok.
Roberta scrive:
Appena torno ti faccio un trillo.
Manuela scrive:
Ok. Besos.
Roberta scrive:
Baci.
DOPO
Manuela scrive:
Già di ritorno? Avete fatto presto!
Roberta scrive:
Sì... e chi ce la faceva più?! Finché si sta a teatro, bene. Anche a cena può andare. Ah, a proposito! Non immagini chi mi ha chiamato mentre ero a cena con… col paggetto, come lo chiami tu.
Manuela scrive:
Chi? Non mi dire! Non sarà mica G…
Roberta scrive:
Sì. Proprio lui. Siamo stati a telefono quasi tutta la serata. Mi ha salvata da una di quelle terribili conversazion… ehm monologhi del paggetto. Sai, quei giri di parole interminabili con trecento divagazioni per arrivare a farfugliare qualcosa sul futuro del rapporto tra me e lui?
Manuela scrive:
Sì, qualche volta me ne hai parlato. Beh… e raccontami, su. Che ti ha detto al telfono?
Roberta scrive:
E’ stato simpaticissimo. Mi ha fatto morire dal ridere. Mi sa che stamattina ho fatto colpo su di lui. Ha fatto un paio di battute… Erano un po’ spinte, ma, credimi, è stato esilarante.
Manuela scrive:
Come un po’ spinte?
Roberta scrive:
Sì vabbé però in maniera simpatica. Ha detto che il mio culo…
Manuela scrive:
Il tuo culo? Ha detto proprio così?
Roberta scrive:
Sì. Proprio così. Ah! Ah! Ah! Forte, eh?
Manuela scrive:
Mah!
Roberta scrive:
Ha detto che non ha nulla da invidiare a quello di Jennifer Lopez! Ti rendi conto? Non è simpaticissimo?
Manuela scrive:
Se lo dici tu! E poi?
Roberta scrive:
E poi ne ha detta un’altra, sai sempre su questo genere, apprezzamenti sotto forma di battute… dette in simpatia… Ha detto che con quel pulloverino stretto stretto che portavo oggi si vedevano bene i…
Manuela scrive:
Ok. Ok. Ho capito. Molto divertente. E il paggetto? Che faceva mentre tu eri al cellulare?
Roberta scrive:
…niente. Era lì, ogni tanto tirava fuori il suo cellulare, apriva e chiudeva lo sportellino, faceva finta di rispondere a qualche messaggino. E poi mi guardava. Con quel sorriso ebete stampato sulla faccia.
Manuela scrive:
Poverino! Non dev’essere stata una bella serata per lui. Anche perché immagino che dopo cena… non sia successo niente. O sbaglio?
Roberta scrive:
No, ma che deve succedere?! Gli ho detto che ero molto stanca. Lavoro, stress. Sai, quelle stronzate lì. Mi ha dato un bacetto sulla guancia, provando ad avvicinarsi alle labbra, ma io non gli ho concesso spazio. E l’ho salutato.
Manuela scrive:
Però! Potevi anche fartelo dare, però, un bacio sulla bocca.
Roberta scrive:
Beh… magari una di queste sere… se si comporta bene e capisce che tra me e lui non ci sarà mai niente. Aspetta un attimo. Mi è arrivato un SMS.
Manuela scrive:
Allora. Di chi è? Del paggetto?
Roberta scrive:
Sì.
Manuela scrive:
Forza! Leggi!
Roberta scrive:
Dice “TI RINGRAZIO DELLA BELLISSIMA SERATA PASSATA INSIEME… SEI UNA PERSONA VERAMENTE SPECIALE PER ME… SUL SERIO, TE LO DICO COL CUORE. NON VEDO L’ORA CHE SIA GIA’ DOMANI COSI’ POTRO’ DI NUOVO SENTIRE LA TUA INCANTEVOLE VOCE. TI VOGLIO UN MONDO DI BENE. UN BACIO FORTE. BUONANOTTE, PRINCIPESSA”.
Manuela scrive:
Bello! Però… deve volerti veramente bene per scrivere queste cose dopo che non hai fatto praticamente niente per lui tutta la serata…
Roberta scrive:
…boh?! Immagino di sì.
Manuela scrive:
E ora? Cosa gli rispondi?
Roberta scrive:
Mah! Non lo so. Devo pensarci un attimo…
Manuela scrive:
Adesso, però, a me puoi rispondere.
Roberta scrive:
Rispondere? E a cosa?
Manuela scrive:
Alla domanda che ti ho fatto prima.
Roberta scrive:
Quale?
Manuela scrive:
Come! Non ti ricordi? Quella di prima… sul paggetto. Perché lo tratti così?
Roberta scrive:
…mi spiace, ma… devo lasciarti. Mio fratello… mi sta rompendo che deve collegarsi. E poi devo rispondere a questo benedetto messaggio.
Manuela scrive:
…ok. Buonanotte.
Roberta scrive:
‘Notte anche a te.
Manuela scrive:
A domani.
Roberta scrive:
A domani.
Continuavano a chiamarlo Uomo Paggio.
- Sì, mi ricordo di lui. – Gigi Fregni socchiude gli occhi mentre risponde alla mia domanda. Per un attimo sembra assentarsi completamente, come se l’aver soltanto evocato quel nome avesse riportato alla luce chissà quali terribili ricordi.
- Eccome, se non mi ricordo di lui. – Sono sulle tracce dell’Uomo Paggio. È da un bel po’ che cerco di incontrarlo, ma trovarlo è diventato improvvisamente difficilissimo. E così ho intrapreso una ricerca cominciando dalle prime persone che hanno avuto a che fare con lui fino ad arrivare a Fregni. È l’ultimo ad aver incontrato l’Uomo Paggio prima della sua misteriosa scomparsa e mi chiedo se non sia stato proprio il loro incontro la vera causa dell’improvviso gesto del Paggio.
- Un caso disperato. – Sospira. – Un caso davvero disperato. – Scuote la testa. Forse non tutti sanno che il cinquantaduenne Fregni è stato uno dei pensatori più importanti degli ultimi anni, teorico di un movimento maschilista tornato alla ribalta come reazione alla progressiva emancipazione femminile. E, se ancora non avete capito di chi si tratti, certamente avrete avuto modo di leggere alcuni dei best-sellers da lui firmati e tradotti in tutto il mondo. Vi dicono niente titoli come, “Tu cucini, tu lavi, tu stiri. Io penso”, “Come trasformare la vostra donna in una serva ubbidiente”? No? Allora vuol dire che siete nei guai…
- E’ venuto da me chiedendomi di liberarlo, di fare qualcosa per lui… io ci ho provato, ma… - Prosegue Fregni. – ma.. veda... non c’era più nulla che potessi fare. Era perso. Completamente.
Ricordo bene quell’incontro, iniziò più o meno così:
- Dottor Fregni, lei deve aiutarmi. Io cerco sempre di accontentare le donne che corteggio, faccio qualsiasi cosa per loro, ma non raggiungo mai nessun risultato. Anzi, finiscono sempre con l’approfittarsi della mia bontà, della mia generosità… Crede ci sia qualcosa di sbagliato in me? – Lo squadrai da capo e piedi. Ai piedi indossava delle scarpe azzurrine modello ballerina con micro-tacco di tre centimetri ed una punta che risaliva all’insù stile mille e una notte ma dei poveri. Le gambe erano strette in una calzamaglia che originariamente doveva essere bianca ma che con l’usura aveva acquistato un dubbio colorito tra il giallognolo ed il grigio-topo. Più su una blusa blu adornata di pietre finte tipo quelle che usano le bambine per fare le collanine quando hanno tre anni ed arricchita dalla presenza di un singolare colletto merlettato tranquillamente utilizzabile come centro-tavola. Come se non bastasse portava anche un ridicolo cappello da pittore indossato all’incontrario dal cui centro spuntava una lunga piuma di piccione morto (da almeno una decina d’anni…). Completavano il quadro desolante una serie di simpatici sonaglini collocati ai bordi del cappello che risuonavano molesti nell’aria ad ogni minimo movimento del Paggio. – Beh… direi che qualcosa nel look andrebbe cambiato… Magari vestirsi con qualcosa di più moderno, non siamo mica nel seicento?
- Ah, no? – Rispose il Paggio e l’assenza di ironia nella sua voce fece trasalire Fregni. – Ci è cascato, eh? – Chiese il Paggio, con l’aria di chi la sa lunga. – Non si preoccupi… lo so, lo so che non siamo nel seicento, ma… dottor Fregni, il punto è proprio questo: per me le donne sono come fiori, tanti petali profumati e luminosi da trattare coi guanti e lo spirito che deve animare chi le corteggia non può che essere quello degli antichi cavalieri. – Al suono di quelle parole Fregni cominciò ad accusare un lieve malore, forse era un principio di infarto, forse erano le budella che avevano preso a contorcersi nel vano tentativo di uscire fuori da quel corpo e di allontanarsi al più presto anche da quella stanza… - No! No! Ma lei è pazzo? – Provò a reagire Fregni - Cosa sta dicendo? Cosa sono queste eresie? Lei viene qui da me, che ho combattuto anni ed anni di battaglie per il ritorno alla sottomissione femminile, e vuole che io stia ascoltare queste sciocchezze? Mi faccia un favore, se ne vada!
- Dottore… ma io… sono qui per liberarmi, per avere un aiuto da lei, mi dica qualcosa, mi dia un consiglio, anche piccolo… - Fregni ci pensò su un attimo. Poi decise di dare un consiglio al Paggio. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di toglierselo dai piedi, lo voleva fuori da quella casa, non sia mai la sua giovane moglie avesse ascoltato o intravisto quell’uomo, chissà quali strane idee le sarebbero venute in mente… - Ricorda Paggio: c’è una cosa che non devi mai perdere, anche quando corteggi una donna…
- Cosa?
- La dignità!
- Cosa?
- LA DIGNITA’!!!
- Cooosa? – Furono quelle le ultime parole pronunciate dal Paggio in casa del Fregni prima che la suola della scarpa destra di quest’ultimo si stampasse sulla parte posteriore della calzamaglia dell’Uomo Paggio, più o meno all’altezza del deretano, rendendola ancora più grigia.
- E’ così che è andata.
- La ringrazio, dottor Fregni, il suo intervento è stato prezioso per la mia ricerca.
- Di niente, si figuri. Ora però… se non le dispiace, dovrei tornare ai miei studi.
- Assolutamente.
- Aspetti, la faccio accompagnare da mia moglie.
- No, lasci stare, faccio da solo…
- Ma quale solo e solo! Mia moglie vive per servire. Me e i miei ospiti! Ora la chiamo. – Fregni tirò fuori dalla tasca un campanellino, lo agitò nell’aria, facendolo risuonare nell’aria e prese a fissare con attenzione il quadrante dell’orologio che portava al polso sinistro. Non passarono molti secondi che da una delle porte dell’enorme salone fece il suo ingresso una donna, di una ventina d’anni più giovane del Fregni, molto piacente. Bionda, alta, bella. Aveva tutte le curve al posto giusto. Ma la cosa più strana era l’abbigliamento: la donna indossava un vestitino nero da servetta, con tanto di guanti bianchi e nastrino dello stesso colore a cingerle la chioma fluente.
- Ci hai messo troppo. – Le disse Fregni con tono severo. - Venti secondi sono troppi.
- Ma… dottore io… - Provò la poverina a discolparsi.
- Niente ma. Devi essere più svelta. Perché credi che abbia scelto di rimpiazzare quella vecchia babbiona della mia ex moglie con te?
- Magari perché…
- Sì, vabbé… anche per quei motivi lì… ma comunque devi essere più veloce. Ora comunque vai… Accompagna il signore alla porta, poi discuteremo della tua punizione. – Mi alzai e seguii la povera donna fino all’ingresso. Questa, arrivata all’ingresso, aprii la porta e mi fece segno di uscire. Prima di andarmene, però, non potei fare a meno di rivolgere una domanda alla sventurate serva… ehm moglie di Fregni – Mi scusi, signora, ma… suo marito la tratta sempre così?
- …No. Non proprio sempre... - Nei suoi occhi scuri vidi accendersi una luce particolare. - …Fa così specialmente quando ci sono gli ospiti… – E sorrise, lasciando che quel sorriso scomparisse dietro la porta che si chiudeva completamente alle mie spalle.
Rimasi fermo sull’uscio, perplesso, convinto che in quel quadretto ci fosse qualcosa che mi stava sfuggendo.
Non so se sia stato lo shock per il terribile racconto di quell’incontro tra Fegni e l’Uomo Paggio, o l’emozione per avere conosciuto di persona un così grande uomo, o, ed è forse l’ipotesi più probabile, lo sconquassamento provocato dalla vista della signora Fregni, eppure mi parve di sentire che, dietro la porta chiusa alle mie spalle, una vivace discussione tra i coniugi Fregni stava avendo luogo.
- Stavolta hai davvero esagerato! – Gridava ad alta voce la signora Fregni.
- Ma io…
- Questa pantomima per il tuo pubblico deve finire!
- Ma… Monica, perdonami… io.
- Non ho voglia di parlare con te! Ora vado in camera a togliermi questo ridicolo vestitino ed a rivestirmi.
- … … …
- Ah, dimenticavo… Il tuo grembiule è in soggiorno. Ora va’ e mettiti al lavorare che a causa di quell’inutile giornalista hai perso tempo… C’hai ancora la cucina e i bagni da ramazzare.
- Ma Monica.. io…
- Forza, vai! Non ti ha insegnato niente quel magnifico uomo che venne a trovarci qualche di tempo fa? Com’è che si chiamava… Piggio? Poggio?
- P-Paggio… si chiamava Uomo Paggio.
4.5.07
La parola fine.
Ah, finalmente il lavoro sul ritorno dell'Uomo Paggio è completato.
Non è stato facile ma alla fine le idee sono arrivate e, come capita spesso, anche la semplice osservazione di singolari scene cui a volte ci troviamo ad assistere(in questo caso in un wine-bar a Mantova, un paio di mesi fa) può aiutare molto.
Ho riletto i vari pezzi (sì, non sarà uno soltanto...) e mi pare che si è trovata la quadratura ed una certa simmetria tra le varie parti.
La cosa strana è che sono partito con l'idea di fare un mero divertissement sull'Uomo Paggio (e su questi toni sarà il primo post sul ritorno) e poi, proseguendo, è venuta fuori una sorta di elegia di questa figura.
Ma non voglio anticipare nulla.
Il giorno del Paggio sta bussando alla porta.
Lunga vita al Paggio!
1.5.07
Ordinary Day
Circa dieci anni fa (ma temo anche qualcosina in più) comparivano sulle scene musicali con una canzone memorabile i Cranberries.
Canzoni rock con un'anima.
E non c'è dubbio che quell'anima fosse la voce intensa e particolare di Dolores O'Riordan.
Poi, come capita spesso nel mondo dello spettacolo, il troppo successo non ha giovato, il gruppo si è sciolto e di Dolores si sono perse le tracce.
Fino a qualche giorno fa, quando l'ex vocalist della band irlandese è tornata sulle scene con questo brano che anticipa il suo primo album solista.
Il pezzo ha tutte le caratteristiche che hanno decretato il successo dei Cranberries: chitarre elettriche, melodia e l'inconfondibile voce della O'Riordan.
Ah, dimeticavo... il pezzo memorabile di cui parlavo prima era questo: