29.4.07

Figli di Nagai.










Uno degli eventi (se non L’EVENTO) dell’edizione del Comicon che in queste ore è alle battute conclusive è stato sicuramente l’incontro con Go Nagai, l’autore giapponese inventore di alcuni degli anime più famosi di tutti i tempi.
Non amo la tendenza ad idolatrare, a chiunque si riferisca.
Così venerdì, quando stavo per prendere parte all’incontro col maestro nipponico, ero assolutamente tranquillo e distaccato.
In fondo era un autore come tanti, che si sarebbe rivelato, come altri autori di fumetti incontrati in questi anni, una normalissima (anche banale) persona comune.

Poi però è successo qualcosa: stipato nella fila insieme ad altre centoquarantanove persone, tra cori che inneggiavano a Mazinga Z, citazioni di Jeeg Robot d’acciaio, magliette raffiguranti i robot più famosi di tutti i tempi ed albi di Devilman, ho improvvisamente dovuto prendere coscienza che quello non era un incontro come gli altri.

Perché Go Nagai non è un autore come tanti altri.
Ma è molto di più.

Go Nagai, per tutti quelli che, come me, sono nati alla fine degli anni settanta (ma anche nei primi anni ottanta) è una sorta di padre spirituale.
Generazioni precedenti e successive alla mia sono cresciute con le trasposizioni a cartoni animati di celebri fiabe targate Walt Disney.

Per me e tanti altri, no.
Non è stato così.
Siamo cresciuti guardando le avventure di Goldrake.
Di Mazinga.
Di Jeeg Robot d’acciaio.
Di Devilman.
Tutte creature di Nagai.

Erano avventure spesso dai toni forti.
Dove dietro (e dentro) quei robot apparentemente invincibili c’erano uomini fatti di carne e sangue che sudavano e lottavano.
Dove l’umorismo era spesso spiazzante e non sempre comprensibile per noi occidentali.
Dove, talvolta, anche un pizzico di erotismo faceva capolino.
Dove, se è vero che il bene alla fine trionfava sempre (ma neanche tanto… basti pensare a Devilman), è anche vero che il più delle volte lo faceva pagando un prezzo molto alto.

E così ho capito, come in un’epifania tardiva ma non per questo meno emozionante, che in quelle canzoni gridate stonando, in quelle magliette sudate, in quei volti di robot ostentati con orgoglio c’era la voce non solo di semplici appassionati, ma di un’intera generazione che andava ad abbracciare un padre ritrovato.

Cui si vuole bene sempre e comunque.

Anche quando per ricevere un autografo, lo schizzo di un micro-profilo di Goldrake, stringerli la mano ed infine salutarlo inchinandoti e dicendogli "Maestro" (tutto questo nell'arco di ventisei-ventisette secondi), devi fare più di due ore di fila stretto da una morsa di fanatici, incasellato nello spazio ristretto di un angusto corridoio, sotto il calore di luci più calde dei propulsori di Mazinga...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mazinga e co. non mi hanno mai fatto impazzire, ma devilman!... lo rivedrei anche ora a 29 anni suonati!